Mentre a Reggio Emilia sta per cominciare l’udienza preliminare che deciderà sul rinvio a giudizio per assistenti sociali e psicologi, le patologie del sistema non sono state scalfite. La Commissione parlamentare d’inchiesta non è mai decollata. E le pochissime regioni che, come il Piemonte, hanno deciso di avviare indagini hanno scoperto che…
A Milano un padre protesta perché, malgrado la Cassazione abbia stabilito che deve rivedere le figlie, da nove mesi i servizi sociali non glielo consentono. Due nonni torinesi protestano perché la nipote, sottratta ai genitori per presunti maltrattamenti, potrebbe almeno essere loro affidata: invece la bimba langue in un centro d’affido e hanno potuto vederla una volta in sei mesi, con una fredda videoconferenza.
Uno zio di Pavia protesta perché il nipote, che ama e ha vissuto con lui per un anno dopo aver perduto la madre, il suo unico genitore, è stato portato via dagli assistenti sociali e dai carabinieri che si sono presentati a casa con i giubbotti antiproiettile: tutto questo perché, ogni settimana, l’uomo deve sottoporsi a dialisi e non può permettersi una baby-sitter.
No, non è proprio servito a nulla lo scandalo di Bibbiano, il piccolo centro emiliano dove nel luglio 2019 è emerso un presunto sistema di affidi illeciti che per lunghi mesi ha turbato la coscienza del Paese. Non è servito perché, anche dopo quel trauma collettivo, niente è cambiato. E mentre per i bimbi strappati di Bibbiano, nel tribunale di Reggio Emilia si avvicina l’udienza preliminare che dal 30 ottobre dovrà decidere sul rinvio a giudizio dei 24 imputati dell’inchiesta «Angeli e demoni» accusati di 107 fattispecie di reato, in tante parti d’Italia le patologie della giustizia minorile continuano a far danni. «La situazione in realtà è molto peggiorata» sostiene Maria Teresa Bellucci, deputato di Fratelli d’Italia e membro della Commissione bicamerale sull’infanzia e l’adolescenza. «È peggiorata perché il fermo dei tribunali per i minori e dei servizi sociali, imposto dalla pandemia, ha bloccato ogni attività. Così tanti bambini che potevano tornare a casa, oppure mantenere un rapporto con i genitori, sono rimasti lontani e finiti in un limbo senza contatti e senza risposte».
Bellucci è una delle prime firmatarie della proposta di legge che nell’estate 2019, subito dopo lo scandalo di Bibbiano, aveva chiesto il varo urgente di una Commissione d’inchiesta sul fenomeno degli affidi. La proposta, votata all’unanimità dal Parlamento, è divenuta legge lo scorso luglio. Ma è rimasta lettera morta e il ritardo, ancora una volta, è dovuto al coronavirus: «La Commissione poteva partire già in febbraio» afferma la deputata «invece, per una scelta discutibile, la Camera è rimasta ferma. Eppure c’era l’unanimità, bastava una seduta».
Venti deputati e 20 senatori avrebbero dovuto mettersi subito a indagare sul sistema degli allontanamenti, con gli stessi strumenti d’indagine della magistratura penale. La Commissione avrebbe potuto essere, insomma, lo strumento perfetto per capire quel che non funziona. «Invece siamo ancora alle battute iniziali» dice Bellucci. I presidenti di Camera e Senato hanno appena chiesto ai gruppi parlamentari la lista dei i 40 consiglieri-inquirenti, che una volta scelti e nominati dovranno eleggere il presidente. «Prima che il lavoro cominci» scuote la testa la deputata «passeranno molti mesi».
Tutto, così, è esattamente come prima di Bibbiano: allontanamenti dalle famiglie, affidi familiari, attività dei servizi sociali e centri d’accoglienza restano gli inesplorati buchi neri di una nebulosa più che opaca. Non ci sono né numeri né statistiche affidabili, come non ce ne sono mai stati.
La presidenza del Consiglio e i ministeri sono rimasti inattivi, assenti giustificati dal Covid. Anche il «sistema informativo nazionale» di cui tanto s’era parlato nell’estate 2019, cioè l’archivio informatico che dovrebbe raccogliere dati e proiettare una prima luce sul fenomeno, non è mai stato nemmeno messo in calendario dal Parlamento.
Le Regioni hanno mostrato lo stesso, criticabile immobilismo. Sono poche quelle che hanno voluto alzare il velo. L’Emilia Romagna, dove i fatti di Bibbiano (e soprattutto l’opposizione) avevano costretto la giunta di centrosinistra a varare una veloce Commissione d’inchiesta sul sistema degli affidi, in novembre ha partorito una relazione di maggioranza che tende all’assoluzione dei servizi sociali, cui tutt’al più viene suggerito «maggiore autocontrollo».Vi si ammette che a fine 2017 i minori sottratti alle famiglie non erano pochi: 2.970, 1.441 dei quali piazzati in comunità; ma si sottolinea che il numero non è allarmante perché inferiore a quello del 2015, con 3.027 minori.
Resta il fatto che la spesa regionale per gli affidi continua a crescere del 10 per cento all’anno e nel 2017 ha superato i 72 milioni di euro, 62 dei quali per le case-famiglia. Il business, insomma, si conferma fiorente. Le altre regioni, per lo più, sono rimaste immobili. Curiosità zero, teste rivolte altrove. In Lazio la giunta di Nicola Zingaretti oppone da 20 mesi un muro di gomma alla richiesta di una Commissione d’inchiesta sugli affidi presentata da Chiara Colosimo, consigliere di Fratelli d’Italia. «Ma la proposta» racconta «non è mai stata presa in considerazione dalla giunta: non ci hanno mai nemmeno spiegato perché non la vogliono, ed è una vera vergogna».
Intanto, mentre la Lombardia sta per discutere una proposta di legge leghista a presentata dai consiglieri Francesca Ceruti, Silvia Scurati e Max Bastoni e che s’intitola programmaticamente «Allontanamenti zero», nel Piemonte guidato dall’azzurro Alberto Cirio un’altra Commissione d’inchiesta ha appena presentato la sua relazione. Vi si legge che i minori seguiti dai servizi sociali sono una marea: 60.068, cioè il 9 per cento del totale. E che, su 2.597 bambini e adolescenti allontanati dalle famiglie nel 2018, appena il 14 per cento ha alle spalle motivi inoppugnabili come una segnalazione di maltrattamenti o abusi. Tutti gli altri sono costretti a uscire di casa per cause vaghe o apparentemente rimediabili: il 56 per cento dei bambini viene portato via per «comportamenti non rispondenti alle loro necessità», tra cui spiccano «l’inadeguatezza genitoriale» o l’indigenza, e un altro 21 per cento per «problemi di salute dei genitori».
La Commissione piemontese conferma poi il grave conflitto d’interesse dei giudici onorari, cioè i magistrati ausiliari che nel Tribunale dei minori, con lo stesso peso dei togati, decidono ogni giorno il destino di bimbi e famiglie. Lo scandalo era già emerso a livello nazionale nel 2015 grazie all’associazione Finalmente liberi onlus di Verona, guidata dall’avvocato Cristina Franceschini, che aveva scoperto l’incompatibilità di 221 giudici onorari su un totale di 1.082: uno su cinque aveva un interesse economico agli affidi o agli allontanamenti. Cinque anni fa la denuncia di Finalmente liberi e una campagna di Panorama avevano indotto il Consiglio superiore della magistratura a imporre ai tribunali minorili controlli più stringenti contro i conflitti d’interesse.
Lo scorso luglio, la legge istitutiva della Commissione parlamentare d’inchiesta ha definitivamente sancito il divieto di nominare giudice onorario chi «riveste cariche rappresentative in strutture ove vengono inseriti i minori, chi partecipa alla gestione delle medesime strutture, chi presta a favore di esse attività professionale anche a titolo gratuito o chi fa parte degli organi sociali di società che le gestiscono».
Eppure lo scandalo continua, in barba al Csm e alla nuova legge: secondo la Regione, su 36 giudici onorari attivi tra Piemonte e Valle d’Aosta, «12 avrebbero collegamenti con le comunità e con le case-affido, o con le cooperative che le gestiscono». Quindi sarebbero addirittura il 33 per cento.
Nella relazione si legge che «il tribunale per i minori ha confermato di non verificare le autocertificazioni dei giudici onorari circa la presenza di cause ostative all’espletamento del mandato». Ora anche l’Abruzzo, guidato dal centrodestra, sta per lanciare una Commissione d’inchiesta. E il suo primo fautore, Guerino Testa, che è capogruppo di Fratelli d’Italia, vuole indagare pure sugli affidi familiari temporanei: «Vogliamo capire se lo sono davvero» dice «e qual è il volume d’affari che ci gira attorno».
Gli affidi che diventano adozioni sono un altro fenomeno preoccupante. Si sa che in Italia adottare un bambino è arduo, quasi impossibile. «Anche per questo» afferma l’avvocato Franceschini «capita sempre più frequentemente che le famiglie affidatarie dei bimbi allontanati da casa chiedano garanzie preventive. E che le ottengano. Mi risulta ci siano giudici che, all’inizio di un affido, assicurano: questo bambino resterà per sempre con voi». Così, anche se i genitori naturali privati dei figli accettano i percorsi di recupero stabiliti dai servizi sociali, gli affidi vengono surrettiziamente rinnovati. Anno dopo anno. «Sono adozioni mascherate», conclude la fondatrice di Finalmente liberi. E anche questo è uno scandalo.
