La colonna insurrezionalista che difende l’anarchico finito nel 41 bis ha ingaggiato l’ennesima battaglia contro il carcere duro a suon di aggressioni e danneggiamenti. E attentati contro l’Eni.
L’ultimo rigurgito anarco insurrezionalista è salito a galla a pochi chilometri dal paesello della Lucania in cui nel 2007 fu data sepoltura a Giovanni Passannante, l’anarchico che il 17 novembre 1878 attentò alla vita di Umberto I e i cui resti, dopo essere rimasti per quasi 130 anni nel Museo criminologico di Roma, tornarono a Savoia di Lucania.
A 15 minuti di automobile, seguendo un tracciato curvo e in salita, c’è Satriano, poco più di 2 mila abitanti con una lunghissima tradizione socialista. Fiorenzo, che è nato nella rossa Toscana ed è fan della recente rivolta francese, vive proprio dove i magistrati della Procura antiterrorismo di Potenza e gli investigatori del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, hanno piazzato la prima bandierina con i target di una presunta rete eversiva che ha simpatie per l’arruffapopoli Alfredo Cospito, il primo anarco insurrezionalista finito in 41 bis.
E proprio contro il regime di carcere duro è concentrata la propaganda della ipotizzata colonna lucana dell’anarchismo pubblicizzato dal cattivo maestro che dietro le sbarre lotta con i mafiosi per l’abolizione di uno degli strumenti che i magistrati antimafia ritengono fondamentali per spezzare le relazioni tra i boss e le loro famiglie: ovvero il regime speciale di detenzione.
Sulla mappa degli investigatori ci sono 12 punti rossi, tanti quanti gli indagati: tranne Fiorenzo, che è del 1955 e vanta una lunga tradizione da ambientalista oltre che da critico del «panpenalismo», hanno tutti sui 30 anni. Sui loro profili social hanno postato santini in ricordo di Carlo Giuliani, il manifestante No global ucciso da un carabiniere mentre con un estintore assaltava un Defender dell’Arma durante le rivolte per il G8 di Genova.
Ma anche foto di vetrine di banche imbrattate con scritte spray, rigorosamente rosse, con il solito slogan: «Fuori Alfredo dal 41 bis». Valentina, nata nel 1992, per esempio, ha scelto per la sua foto copertina di Facebook questo slogan: «Respect existence or respect resistance», con la lettera «A» rigorosamente cerchiata. Ivan, pure lui del 1992, qualche anno fa era tra gli occupanti, a Potenza, di un palazzetto dello sport abbandonato e frequentato dai collettivi della città: Anzacresa, Controra e Potenza ribelle. Sulla pagina social di Anzacresa, il collettivo che guidava l’occupazione, c’è ancora un post di solidarietà agli Askatasuna torinesi: «Non un passo indietro!».
Il gruppetto si era già distinto in passato perché durante un presidio contro il Centro per i rimpatri dei migranti a Palazzo San Gervasio, al confine con la Puglia, aveva aggredito e insultato una troupe televisiva della Rai e una della web tv locale La Siritide, accusate di essere «complici» di uno «Stato e di un sistema razzista».
Ora però il procuratore Francesco Curcio e il pm antiterrorismo Vincenzo Montemurro stanno valutando una pesante informativa dei carabinieri del Ros, che hanno ricostruito un pericoloso danneggiamento alla condotta del Centro Olio dell’Eni. L’azienda petrolifera da Viggiano pompa il petrolio estratto in Basilicata verso Taranto tramite una condotta. E i carabinieri ritengono che i danni provocati «alla stazione microcosmica» dell’Eni sarebbero riconducibili al gruppetto della «A» cerchiata che da Satriano si dirama verso Potenza.
I 12 globetrotter finiti nelle carte inviate in Procura sarebbero tutti appartenenti «a organizzazioni diverse», che starebbero cercando, ipotizzano gli inquirenti, di «rafforzare e consolidare» con «gli atti di propaganda apologetica» monitorati e tracciati dal Ros. I carabinieri hanno messo in fila gli indizi: «Video relativi a fenomeni di lotta al regime del 41 bis e di solidarietà a Cospito», affissione di «striscioni e stendardi inneggianti ad attentati nei confronti di appartenenti alle istituzioni», scritte «violente su impianti pubblici». Tra gli indagati, poi, c’è anche chi avrebbe partecipato a «manifestazioni di piazza e di protesta», si legge nei documenti d’indagine, che sarebbero «sfociate in violente azioni di danneggiamenti preventivamente concordate».
Ma è sull’azione contro Eni che è concentrata gran parte dell’inchiesta. L’azienda del Cane a sei zampe è indicata tra «i principali obiettivi da colpire con atti di violenza», è scritto in un decreto di perquisizione notificato ai 12 indagati, «nella campagna di lotta condotta dalla comune galassia anarco insurrezionalista nazionale».
Per portare avanti la battaglia contro l’Eni e «l’ordine democratico» e anche per sostenere le spese legali di alcuni imputati in procedimento penale che pende davanti ai giudici del Tribunale di Potenza, ipotizzano gli inquirenti, i 12 avrebbero avviato un particolare crowdfunding per convogliare «le risorse economiche e finanziarie» verso «l’organizzazione di appartenenza». Ovviamente di matrice anarco insurrezionalista.
