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Quella terrazza (con vista coca) nasconde una galassia di società

Quella terrazza (con vista coca) nasconde una galassia di società

  • Alberto Genovese, che oggi è accusato di stupro, aveva un tocco magico per le start-up tecnologiche. E molti suoi guadagni sono «migrati» fuori dall’Italia.
  • Nuovi mostri a Milano. Alberto Genovese è soltanto uno dei tanti personaggi che si muovono in una città dove dove la droga ha preso il posto degli aperitivi e i valori hanno come unico metro il denaro.


Per decifrare Alberto Genovese e conoscere i suoi soci offshore, il re Mida delle start-up in carcere con l’accusa di aver seviziato e drogato nella notte del 10 ottobre una ragazza di 18 anni durante una festa nel super attico a Milano, bisogna spingersi in Svizzera, fino a Finstersee, paesino di 394 anime nel Canton Zugo. Nella salita che conduce alla chiesa, allo stesso indirizzo di Sagenmattstrasse, hanno sede due finanziarie chiave nella galassia che orbita intorno all’uomo detenuto a San Vittore. La prima è la Alej holding Ag, ed è rilevante perché controlla la maggioranza della Alberto Genovese Technologies Spa, snodo cruciale nel gruppo dell’imprenditore fermato alle 23,25 dello scorso 6 novembre con il marchio dell’infamia. Peccato che questa finanziaria abbia soci anonimi come la Tda industries Gmbh, altra sigla che ci porta direttamente a Cipro, isola offshore del Mediterraneo. Infatti, la Tda è controllata dalla Zanjero Limited con sede panoramica all’ottavo piano della Leventis gallery tower di Nicosia e, soprattutto, anch’essa vanta soci anonimi. E quindi, almeno per ora, ci si ferma.

«Genovese non è trasparente» dice Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia e di strutture offshore. «Sceglie paradisi fiscali per celare incroci societari e collegamenti. La domanda è: perché lo fa? Qual è la necessità di costituire una struttura offshore? Noi non conosciamo la finalità di Genovese ma la struttura è certo di quel tipo ed è un aspetto piuttosto inquietante».

Il fronte offshore creato da Genovese e dai suoi soci d’affari potrebbe incuriosire gli inquirenti quando vorranno porsi domande su origine e gestione di questi enormi flussi finanziari. C’è poi un dettaglio non trascurabile. Subito dopo il fermo di Genovese dello scorso 6 novembre, in procura sono arrivati alcuni spunti – presumibilmente dai reparti informativi della Guardia di finanza e dell’agenzia Aisi, il nostro sistema di sicurezza interna – sul comparto societario estero che interessa l’uomo delle start-up. Notizie che non sono certo cadute nel vuoto visto che, ironia del destino, l’inchiesta su Genovese è coordinata da un magistrato, il procuratore aggiunto di Milano Maria Letizia Mannella, assai sensibile alle tematiche economiche. Mannella, oggi in prima linea contro i reati sessuali, fino a ieri era impegnata a combattere la criminalità economica e finanziaria, dallo scandalo Telecom a quello Olidata.

Del resto, questa indagine oltre alle violenze ha proprio il denaro come protagonista, una cornice che regge tutto. Intanto, per le disponibilità illimitate di Genovese, cresciuto a velocità impressionante. Napoletano, classe 1977, ottiene quasi il massimo dei voti alla maturità ma non basta. Lascia il capoluogo campano, si laurea alla Bocconi, master in business a Harvard, passaggio di consulenza a McKinsey e poi Goldman Sachs.

È affascinato dalla finanza declinata su internet, dalla possibilità di moltiplicare denaro vendendo servizi in rete. In tutti questi anni solo la linea maestra rimane la stessa: guadagnare con l’intermediazione di qualunque bene sul web, via piattaforma specifica. Dalle polizze degli esordi ai viaggi, dal servizio di hostess avvenenti alle auto con massicce campagne pubblicitarie che creino una «mitologia» sul personaggio e appetito nel largo pubblico, promettendo grandi risparmi per il consumatore. Così fino al recente sogno della moda con la società Ailati Technology Srl. Ne risentono i bilanci sfiancati dalle spese ma l’importante è vendere l’aspettativa futura. «I suoi progetti non richiedono né investimenti» prosegue Bellavia «né infrastrutture di logistica come i grandi player delle vendite online che hanno bisogno di capitali per gestire magazzini e trasportare la merce».

Quando si tratta dei suoi piani ci mette l’anima, sfruttando il momento d’oro: comincia a farsi notare a 31 anni, nel 2008, quando è responsabile di portali di annunci immobiliari e fonda Facile.it, comparatore online di polizze e mutui. I volumi crescono rapidamente, nel 2010-11 è già amministratore delegato di Assicurazioni.it. Ma è un Genovese irriconoscibile rispetto a quello di oggi: schivo, genialoide, occhialini leggeri, vestiti confezionati e non sartoriali. I soci dell’epoca gli riconoscono la determinazione. Vuole affrancarsi da chi non è mai sazio dei suoi risultati. Vuole arrivare, mostrarsi.

La gallina dalle uova d’oro però si rivela Facile.it che vende nel 2014 per oltre 100 milioni al fondo Oakley. Ma non si ferma. Alimenta subito un’altra creatura, Prima: insurance start-up digitale che propone polizze straniere, diventando assai competitiva rispetto ai gruppi italiani. Così nel 2018 Goldman Sachs Private Capital e alcuni fondi gestiti dal colosso Blackstone investono 100 milioni in Prima.

Genovese brinda a casse di champagne con i suoi due soci palesi, George Ottathycal Kuruvilla, da oltre sette anni nella società con un solido passato in Boston Consulting, e Teodoro D’Ambrosio, residente in Svizzera, che dopo il liceo scientifico e l’università a Trieste si concentra su piattaforme online e divide al 50 per cento con Genovese anche l’Abiby Holding Srl, piccola società di partecipazioni creata nel febbraio del 2018.

Ma scatta qualcosa. L’imprenditore vuole gustarsi la rivincita su tutti. Dismette i panni da nerd e mira a diventare il re. La cocaina lo erode e sfuoca i progetti. La massa di denaro è utilizzata in modo sempre più smodato, lo standard si impenna progressivamente e va a costruire un modello relazionale ipnotico, tale da stordire molte neomaggiorenni e quel mondo parassitario che pur di vivere dei fasti degli altri s’inchina devoto, accetta tutto. Negli ultimi due anni è ormai inarrestabile: jet privati al costo di 2 mila euro l’ora, champagne delle marche più care acquistato a bancali, feste con catering e dj esclusivi, noleggio di barche, estati dissennate in case da favola, piscine, parchi, affittate a Formentera e Ibiza, viaggi intercontinentali per party mozzafiato in mezzo al deserto americano illuminato a giorno. Il sesso diventa sempre più estremo, orge, esibizionismo, eccessi.

E poi, soprattutto, fiumi di coca, tanta tantissima cocaina rosa, Mdma e chetamina. Droghe che eccitano, provocano allucinazioni, anestetizzano, alterano o cancellano i ricordi. Un cocktail perfetto per chi vuole dominare, devastare il corpo di una ragazza, cancellare le prove. Per alimentare le sue ossessioni Genovese poggia su una ragnatela societaria con un patrimonio contabile di quasi 15 milioni di euro, senza considerare il valore degli avviamenti. Con una prima sorpresa: subito dopo il suo arresto ha messo a verbale di essersi quasi ritirato dagli affari, di ricoprire ruoli marginali. Invece, stando alle visure camerali recenti, risulta ricoprire moltissimi incarichi societari, con presenze in una dozzina di imprese. A fare un passo indietro è stato nel cda di Prima dove, qualche giorno dopo le manette, ha lasciato il posto all’amico Ottathycal Kuruvilla, già Master of business administration a Barcellona e Columbia business school a New York.

Il quartiere generale rimane Terrazza sentimento: mentre le ragazze narcise si fanno ritrarre le natiche a sfioro nella splendida piscina all’ombra della Madonnina, il re immagina nuovi affari, nuove avventure, nuovi trofei. Quella fortezza con serrature a impronta digitale è la sua unica proprietà immobiliare in Italia – almeno stando al catasto e alle società dove emerge una sua diretta partecipazione – e qui ha la sede una finanziaria che nelle galassia Genovese è quella ad avere più contanti in cassa. Si tratta di una cassaforte costituita sei anni fa e che gode di una liquidità di 14 milioni di euro. È controllata da lui direttamente al 73 per cento, il restante è in pancia a un’altra finanziaria, la Olea Srl, che divide con una stretta parente.

Insomma, Genovese ci proietta direttamente nella Grande Bellezza: «Non volevo essere semplicemente un mondano» dice Joe Gambardella alias Tony Servillo. «Volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste, io volevo avere il potere di farle fallire!». E in effetti, c’è riuscito: oggi l’attico è chiuso, il fidato maggiordomo filippino silente sale sulla Cinquecento per portare i vestiti a Genovese in carcere. È un fantasma come il suo grande capo. L’assenza di cocaina, una cella individuale, non lo hanno privato solo della libertà. No, Genovese è ora conosciuto e riconosciuto da tutti come un delinquente, insomma come tanti.

Nuovi mostri a Milano

Quella terrazza (con vista coca) nasconde una galassia di società
Nuovi mostri a Milano

I festini folli, le violenze sessuali alle ragazze, la cocaina sempre e ovunque. È un mondo agghiacciante quello svelato dall’inchiesta che ha portato in carcere Alberto Genovese. Eppure l’ex re delle start-up è soltanto uno dei tanti personaggi che si muovono in una città dove dove la droga ha preso il posto degli aperitivi e i valori hanno come unico metro il denaro.

di Giorgio Sturlese Tosi

Da quando sono entrata in camera e ho tirato una striscia di stupefacente di colore rosa non ricordo più nulla. Vedevo la faccia di Alberto Genovese che cambiava in continuazione, a volte diventava la faccia di un gatto». C’è un mondo parallelo, una terra di mezzo sconosciuta ai più ma popolata da tanti, che si anima quando la città che produce il Pil più alto d’Italia va a dormire per la notte. Lo hanno raccontato a verbale, stupite dello stupore di chi ascoltava, un centinaio di giovanissime ragazze che in queste settimane sono sfilate nell’ufficio milanese del vice questore aggiunto Achille Perone il quale, con i suoi investigatori della Quarta sezione «violenze sessuali» coordinati dal dirigente della Squadra mobile Marco Calì, sta indagando su «Terrazza Sentimento».

L’indagine, come noto, ha portato in carcere il creatore di start-up Alberto Genovese, accusato di spaccio, sequestro di persona e violenza sessuale aggravata ai danni di una 18enne che tra il 10 e l’11 ottobre è rimasta in sua balìa per oltre 20 ore. Indagata anche la fidanzata Sarah B., vent’anni più giovane di Genovese, che avrebbe partecipato a festini dove si consumavano sesso e droga, almeno stando a diverse testimonianze e alla denuncia di una seconda giovane vittima – è lei che lo vedeva con la faccia da gatto – che ha raccontato di essere stata abusata a luglio in una villa da sogno sull’isola di Ibiza.

Quello di Terrazza Sentimento è forse il primo caso di stupro documentato minuto per minuto dalle telecamere nascoste disseminate nel lussuoso super attico con piscina, a pochi passi da piazza Duomo. Occhi elettronici occultati in bagno, nelle camere da letto, nei corridoi, negli armadi, che hanno ripreso, registrato e archiviato per mesi tutto ciò che accadeva. Una di queste telecamere era puntata sul letto della violenza. I un filmato si vede la ragazza, imbottita di droga, assunta prima volontariamente poi a forza, che perde conoscenza per ore. Genovese la sposta e la usa «come una bambola di pezza», al punto che il giudice definisce quegli amplessi «atti di autoerotismo». Si vede il violentatore che scatta foto oscene, dopo averle inserito oggetti in ogni orifizio. Passano le ore e lei è ammanettata al letto, il cuscino premuto con forza sul viso per lunghi secondi. Si sentono urla strazianti e implorazioni. Ogni volta che la ragazza si ridesta viene drogata a forza, anche con falli di gomma con cui Genovese la penetra dopo averli inzuppati nella droga. Sopravvissuta per miracolo, la diciottenne riesce a scappare solo il giorno dopo, scalza e seminuda, e a fermare per strada una volante della polizia.

L’inchiesta della Procura di Milano si concentra sullo stupro di brutalità inaudita e su chi riforniva di chili di droga i frequentatori delle feste del milionario Genovese che, a quanto raccontato, spesso si concludevano in orge violente esasperate dall’abuso di stupefacenti. In quegli stessi video però, secondo gli avvocati del 43enne imprenditore, Luigi Isolabella e Davide Luigi Ferrari, ci sarebbe un’altra verità e le prove della sua innocenza. A partire dal passaggio di 3.500 euro che il manager prima dà alla ragazza e poi le riprende dalla borsetta per bruciarli in una pentola, in un ennesimo sfregio. Ma quanto sta emergendo dall’esame di 100 mila file audio scaricati dai cellulari di Genovese e da un milione di messaggi e circa 400 gigabyte di filmati e foto, comprese quelle scattate alle ragazze durante i rapporti sessuali estremi e condivise in chat con gli amici, non è che una parte della storia. Non c’erano solo i party da 150 mila euro a serata di Genovese. Il lockdown e la chiusura dei locali hanno riscritto il programma delle serate di una Milano cui bere non basta più. Le feste si sono spostate in lussuosi appartamenti, negli hotel, in locali semiclandestini o in edifici appartati.

All’alba del 6 dicembre la polizia ha interrotto un party privato organizzato in una cascina nella periferia sud della città affittata da un dj protagonista delle notti milanesi. Erano presenti 63 persone, tra uomini maturi e ragazze, «in evidente stato di alterazione dovuto all’assunzione di droghe». I poliziotti hanno trovato vicino al bar 14 pastiglie di ecstasy, alcuni grammi di cocaina, di crack, di marijuana e di metanfetamina. Il 48enne dj aveva anche predisposto un servizio di Covid-test con tampone rapido: dal pomeriggio precedente, due infermieri di un famoso ospedale privato del capoluogo sottoponevano al test tutti coloro che si presentavano all’ingresso. In queste feste le droghe sono talmente variegate che l’Istituto Superiore di Sanità non riesce a tenere il passo e a certificarle come sostanze stupefacenti.

Daniele Leali, imprenditore della notte e organizzatore dei party di Genovese in Italia e all’estero, anch’egli indagato, ha raccontato di ragazze che assumono volontariamente la «droga dello stupro» per aumentare il piacere. Nella cassaforte di Genovese è stata trovata un tale varietà di sostanze che, in alcuni casi, nemmeno la Scientifica sapeva di cosa si trattasse: cocaina rosa sintetica, chetamina, 2CB, Mdma, Gorilla blue, Kalvin Klein…

Sesso, droga e soldi, tanti: gli ingredienti delle notti milanesi. E mentre la Guardia di Finanza indaga per accertare come Genovese guadagnasse tutto quel denaro – e se fosse davvero suo – il primo a sentire il profumo dei soldi è stato, non a caso, l’ex re dei paparazzi Fabrizio Corona. Che si è tuffato nell’onda mediatica che ha da subito investito la vicenda, orchestrandone uno dei filoni narrativi. Ma tanto agghiaccianti erano i mostri che risalivano dagli abissi delle notti di Genovese e dei suoi amici, che persino lui, un tempo vate degli eccessi, ha indossato il saio del moralista. L’omertà è calata tra chi celebrava gli ambìti appuntamenti mondani sui social e ora ha chiuso i profili e si rende irraggiungibile al telefono.

Nemmeno dopo il terremoto di Tangentopoli l’immagine di Milano ne era uscita così devastata. Sullo sfondo di Mani pulite c’era il dinamismo, sia pure drogato di tangenti, di una capitale del fare. In un ventennio la finanza si è sostituita all’industria e con Terrazza Sentimento oggi i flash dei cellulari illuminano il lato oscuro di una città decadente e corrotta, non dalle mazzette ma nei costumi. Una città che non crea più ma, un tiro di coca dopo l’altro, distrugge patrimoni e vite.

Tra i ragazzini che vanno a scuola come tra i manager, tra gli impiegati e gli operai che si affrettano al lavoro. La droga oggi sta a Milano come qualche decennio fa stava il Negroni. D’altronde è ai piedi della Madonnina che la ‘ndrangheta fa i suoi affari migliori. Già nel 2010 l’allora sostituto procuratore della Direzione distrettuale antidroga di Milano Mario Venditti sosteneva che se la ‘ndrangheta, da un giorno all’altro, abbandonasse Milano, la Lombardia fallirebbe.

In una recente intervista a Panorama Riccardo Gatti, psichiatra e direttore del dipartimento dipendenze degli ospedali milanesi San Carlo e San Paolo, aveva detto: «Non possiamo credere che uno dei principali mercati al mondo, quello della droga, si regga su gruppi ristretti; il fenomeno riguarda fasce più ampie della società». Gruppi sociali che talvolta finiscono per sovrapporsi. E così alle feste di Genovese, dove consegnava il cellulare a improbabili gorilla, tra dj ululanti che tormentavano il sonno dei vicini e ragazzine strafatte che si accoppiavano pure in ascensore (per questo l’imprenditore sott’accusa dovrà affrontare un altro processo), si incrociavano notai, professionisti di fama, chef stellati, personaggi dello spettacolo.

Anche gli avvocati che «a vario titolo» gravitano intorno alla vicenda hanno interessi economici nell’industria del divertimento o si sono trasformati in agenti procuratori; a loro volta sono tallonati da personaggi che somigliano a scarabei stercorari in cerca di fortuna, e ai legali propongono ragazze le quali, in caso di succulenti risarcimenti, potrebbero trovare il coraggio di denunciare altri abusi. I loro profili Instagram, del resto, sembrano cataloghi di escort, tra nudità, pose ammiccanti e messaggi inequivocabili.

Nella capitale della moda tutte sognano di sfilare per Armani o Gucci, molte finiscono a fare sesso sui divani. La ragazza abusata da Genovese a Milano, aspirante modella, ha vissuto i suoi 18 anni con il piede sull’acceleratore ma senza le mani sul volante. E a chi ha ascoltato i suoi interrogatori è apparsa non genuina nelle sue dichiarazioni. Forse perché ha confuso i frequentatori di Terrazza Sentimento per amici, da proteggere invece che denunciare. Ma loro continuano a starle addosso.

E dopo una notte trascorsa nella clinica dove l’avevano fatta ricoverare i primi legali, Luca Procaccini e Saverio Macrì, lei ha rifatto in fretta e furia le valige ed è stata risucchiata da quelle «amicizie». Girano voci di un risarcimento milionario e intrighi misteriosi. Il 28 novembre, 24 ore dopo il secondo interrogatorio in procura, uno di questi amici ha portato la ragazza a pranzo in un ristorante che avrebbe dovuto essere chiuso per il lockdown e invece – coincidenza – ospitava a un tavolo professionisti vicini a Genovese.

Quarantotto ore dopo, è lunedì, altra coincidenza: la vittima revoca l’incarico ai suoi primi legali e si affida all’avvocato Luigi Liguori che qualcuno le consiglia. In gioco ci sono tanti soldi, che avvicinano mondi apparentemente distanti ma connessi. O forse si tratta sempre della stessa Milano che di volta in volta cambia maschera. E suona anacronistico stupirsi che lavori, allo stesso piano della procura dove i pm Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro indagano su Terrazza Sentimento, un altro importante magistrato il quale, nell’estate 2019, è stato sorpreso dalla polizia a un festino gay in un locale in seguito chiuso per droga. Era travestito da volpe.

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