Zuzzurro e la brioche alla nostalgia

Vedo la gente della mia generazione morta.
È che a un certo punto succede. Prima i morti erano i riferimenti degli altri, le vite degli altri. Poi diventano i tuoi, la tua.

Il signor Andrea Brambilla ovvero Zuzzurro non era in questo momento più amato degli altri, eppure nelle ultime ore non ho contato i tweet, gli status, i commenti da parte di gente che schifa Zelig, ma guai a toccargli i loro Gianfranchi D’Angelo.

È la solita storia: non c’è niente di più preciso e ingiusto dell’infanzia, nella morra cinese della vita vince sempre lei.
Siamo la prima generazione che oggi non rimpiange la tv in bianco e nero, bensì quella coloratissima e anabolizzata dei Drive In che furono, l’orizzonte resterà quello per sempre, anche se in società endorsiamo lo scienziato che parla per mezz’ora di sequoie da Fabio Fazio.

«Ce l’ho qui la brioche!», diceva il signor Andrea Brambilla ovvero Zuzzurro. Che poi manco si è didascalici a dire che ce l’abbiamo avuta di fronte sempre, la madeleine.

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