Le visite fiscali non sono uguali per tutti

Per una settimana non si è fatto altro che discutere sulle verifiche fiscali disposte dai giudici del Tribunale di Milano nei confronti di Silvio Berlusconi, in quel palazzo di giustizia imputato in tre diversi processi.

La questione è stata usata, a sinistra, come enensimo strumento per denigrare il leader del centrodestra. La sua «uveite», una non banale affezione oculare, è stata declassata a congiuntivite. Si è ironizzato sul fatto che il San Raffaele avesse garantito una copertura medica al desiderio dell’imputato di sottrarsi al giudizio invocando la malattia come legittimo impedimento.

In realtà fin qui la polemica ha eluso un dato di fatto inequivocabile. Le verifiche fiscali sono un’eccezione, nel nostro sistema di controlli. E chiederle per un ricovero in ospedale è stata sicuramente una forzatura. Lo ha spiegato anche Alberto Capotosti, ex presidente della Corte costituzionale: «Il giudice non è obbligato a disporre la visita fiscale, anche perché nel comune sentire il controllo nasconde il sospetto che il certificato medico sia opera di medici compiacenti».

Certo, per restare in tema di malattie e di magistrati, e di verifiche fiscali la mente corre a un altro caso, a suo modo parallelo. Il caso di un giudice per le indagini preliminari di Vicenza, Cecilia Carreri, che nel 2005 si era assentara dal tribunale per 10 mesi e mezzo lamentando una lombosciatalgia («regolarmente» certificata). Si è poi scoperto che il giudice in realtà andava in barca a vela e girava il mondo.

A Cecilia Carreri, però, non è andata poi male: dopo l’archiviazione dell’inchiesta penale per falso e truffa e una sanzione soft del Csm (trasferimento e perdita di un anno di anzianità), nel 2011 è stata condannata dalla Corte dei conti per «colpa grave», ma ha dovuto pagare un risarcimento di appena 6.714,28 euro: meno di un mese di stipendio.

Carreri, secondo i certificati medici, soffriva di «lombartrosi spiccata con discopatie multiple». Una malattia invalidante per il lavoro, anche perché aggravata da «stato depressivo, disturbi del sonno e cefalea ricorrente», tanto da sconsigliare «la stazione eretta prolungata, come il rimanere a lungo seduta», e richiedere «costantemente cure mediche, trattamenti riabilitativi, training di rilassamento, ginnastica dolce e stretching».
Questo suo disastroso stato di salute non impediva a Carreri, come poi fu costretta a rilevare «con disagio» l’Associazione nazionale magistrati, di veleggiare e di fare regate. A bordo del 60 piedi «Mer Verticale», per esempio, la malata partecipò alla impegnativa Rolex fasten race: dall’isola di Wight, nel sud dell’Inghilterra, a Dunkerque, nella Francia del Nord.
Carreri in tribunale ha sostenuto che «l’attività ludica» non era controindicata, anzi «faceva parte di un percorso di recupero della potenzialità personale e di verifica delle capacità di autostima», tanto da averle portato «beneficio psichico». E ha sostenuto che proprio le regate «hanno consentito il pronto recupero psicofisico, con efficace rientro in servizio».

In quel caso, però, nessuno ordinò una visita fiscale.

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