Visioni italiane dalla Biennale di Venezia

courtesy Galleria Christian Stein, foto di Peppe Avallone
Mimmo Paladino, Senza titolo, 2015
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Paolo Gioli, Sebastiano, 2011 (polaroid)
Ilenia Corti
Marzia Migliora
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Nino Longobardi, Senza titolo, 2014-15 (tecnica mista su tela)
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Vanessa Beecroft
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Aldo Tambellini, Study of Internal Shapes and Outward Manifestations, 2015
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Padiglione Venezia

In questa Biennale veneziana in cui l'obiettivo principale è quello di prestare attenzione allo stato delle cose, magari in contrapposizione alla loro apparenza, vanno segnalati due padiglioni che fanno ormai da qualche tempo da termometro dell'esposizione: quello dedicato all'Italia e quello denominato Venezia.

Padiglione Italia. Il curatore, Vincenzo Trione, ha scelto un titolo programmatico: Codice Italia. Una sorta di codice genetico dell'italianità che si situa in una dialogo tra sperimentazione e storia. Ancora una volta, tra passato e futuro, in un presente colto come in una fotografia istantanea. Insieme a 15 artisti italiani, tra cui Paolo Gioli, Nino Longobardi, Mimmo Paladino, Marzia Migliora, Claudio Pamiggiani, Vanessa Beecroft, Nicola Samorì e Aldo Tombellini, ci sono tre artisti stranieri che propongono il loro personale punto di vista sul Codice Italia. Sono il sudafricano William Kentridge, il francese Jean Marie Straube e l'inglese Peter Greenaway, il quale ha messo a punto una sorta di Grande Bellezza dell'arte italiana, dai grandi che hanno fatto la storia ai videoclip.

Padiglione Venezia. Aziende e realtà produttive approdano ai Giardini in un'esposizione decisamente sui generis, dal titolo Guardando avanti. L'evoluzione dell'arte del fare. 9 storie dal Veneto: digitale - non solo digitale, a cura di Aldo Cibic. Si tratta di forme in evoluzione o sviluppate di recente nella regione veneta, capaci di raccontare quell'arte che ha a che fare con il lavoro. Le nove storie, infatti, sono storie di realtà professionali più o meno note, da Dainese ai Magis, da De Castelli a Virginio NPM, accomunate anche da un vocabolario comune. L'abbecedario però è molto specifico: Augmented craft, Crisi, Curiosità, Discontinuità, Invenzione, Manualità, Passione, Sartoriale sono alcune delle chiavi di lettura.

Dal prodotto industriale al concept creativo del designer, dalla visione dell'Italia da altri Stati a quella prodotta e messa in campo da chi invece vive nel Bel Paese, le due mostre raccontano un codice genetico comune, che sa, in realtà, di visione. In un interessante gioco di specchi che consente di guardare, dal presente, contemporaneamente passato e futuro.

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