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Luciano Violante, l'appestato

Ma Luciano Violante non era una volta l’emblema della magistratura di sinistra? Non è stato una delle prime “toghe rosse” a trasmigrare dalle aule di giustizia in quelle parlamentari? Il garante del rapporto privilegiato tra il Pci-Pds-Ds-Pd e gli uffici giudiziari? Allora com’è successo che Violante è diventato l’appestato del Pd, il traditore che vuole “salvare Berlusconi”? Nel blog di Grillo Violante viene sbeffeggiato come “Volante”, il “saggio” del Cavaliere “Ci penserà il Pdmenoelle a salvargli le palle!”. “Pretendete di essere puri, ma siete più sporchi del bastone del pollaio”. Esagerazioni grilline. Ma Beppe è bravo a infilarsi nelle contraddizioni del Pd.     

In fondo, il povero Violante ha detto la cosa più semplice del mondo, cioè che va garantito il diritto di difendersi anche al peggior avversario. Anche a Berlusconi. Avendo sostenuto questa ovvietà, è finito sotto processo nel Pd. In Piemonte, sul web. Accuse, insulti, gogna. Ha dovuto precisare di non aver mai detto che voterebbe contro la decadenza del Cavaliere dal Senato. Il suo è un ragionamento impeccabile. Tecnico. Che però nel suo candore si carica di un valore politico. Il valore della provocazione che scompagina le viscere della sinistra. E i luoghi comuni. La politica italiana può essere ostaggio dell’anti-berlusconismo? È ragionevole l’alternativa tra far decadere Berlusconi e quella di far cadere il governo che Berlusconi ha voluto, che ha contribuito in modo determinante a far nascere e al quale continua a dare il suo appoggio sostanziale?

Violante appartiene al paese normale. Ma l’Italia non è un paese normale. Sembra che i destini del paese dipendano dal colpo di grazia (più che dalla grazia) che getterà nella polvere il Cavaliere. E pur di farlo cadere, c’è chi è disposto a pagare tutta l’Imu del mondo, subire l’impennata dell’Iva e impiccare sulla pubblica piazza un galantuomo che ha avuto l’ardire di affermare l’ovvio.  

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