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Un anziano attende di essere vaccinato all'ospedale di Moncalieri il 23 febbraio 2021 (Getty Images).
Salute

Vaccini: il fallimento europeo e italiano

C'è una parola per ogni circostanza. E sui vaccini, la parola giusta è fallimento. Anzi, doppio fallimento: europeo ed italiano.

I ritardi dell'Unione Europa nella campagna di vaccinazione sono ormai sotto gli occhi di tutti. L'errore, tra gli altri, è stato quello di aver condotto le trattative con le case farmaceutiche come se si trattasse di puri accordi commerciali, anziché una questione di sicurezza continentale. I negoziatori europei hanno perso tempo prezioso per contrattare sul prezzo delle fiale e sulle responsabilità legali, nella speranza di risparmiare qualche spicciolo sulla pelle dei cittadini. Nello stesso tempo l'ente regolatore, l'Agenzia Europea del Farmaco, rispetto agli omologhi americani e inglesi, si è mossa al rallenty nell'approvazione dei vaccini.

Risultato? L'Europa arranca. Anche nelle fasi più buie della storia, l'Unione si trastulla nella burocrazia mentre gli avversari la superano in volata. Il Regno Unito che, dopo la Brexit doveva diventare una landa desolata, ha vaccinato il 23% della popolazione con almeno una dose. Non parliamo poi di Israele, che svetta su tutti con il 47%. Numeri che l'Ue può solo sognare.

Se l'Europa piange, l'Italia certo non può ridere. È caduto anche l'ultimo appiglio che giustificava la maldestra gestione di Speranza&Arcuri: la convinzione che il nostro Paese fosse il primo in Europa in ordine a vaccini somministrati. I numeri raccontano un'altra storia. In rapporto alla popolazione, nella classifica dei 27 Stati europei l'Italia si piazza diciassettesima, con 6,5 dosi ogni 100 persone. Siamo sotto la media europea: questa è la triste realtà. Dietro Germania, Spagna, Ungheria e Polonia. Considerando la popolazione over 80 vaccinata, l'Italia è al posto numero 15 in Europa: peggio di noi, solo Lituania, Bulgaria e Lettonia. E c'è persino gente che si vanta di questi numeri? È vero: eravamo partiti col piede giusto, ma nelle ultime settimane c'è stato un tracollo.

Come si spiega il fatto di essere scivolati a fondo classifica, visto che i fornitori sono gli stessi in tutta Europa? Semplicemente, come al solito, manca un coordinamento nazionale, e le regioni procedono anche stavolta in ordine sparso. Non ci sono standard comuni, siamo indietro sulle assunzioni del personale. Anziché allestire uno scadenzario preciso, e incentivare la produzione italiana, ci siamo trastullati su progetti fantasiosi, come le «primule» di Domenico Arcuri, che giovavano soltanto all'ego di chi li ha partoriti.

Dunque, ricapitolando: l'anno scorso il pil italiano è crollato quasi del 9%, ben più della media degli altri paesi europei. Siamo il paese che ha dovuto subire il lockdown più duro, e in aggiunta siamo anche tra quelli che vaccinano meno. E come non bastasse, siamo pronti a richiudere tutto, con buona pace di imprese, commercianti, ristoratori e studenti. Dunque, non c'è che da ringraziare il Conte Bis per l'eredità che ci ha lasciato. Nella speranza che adesso si cambi linea: e soprattutto, che si cambino certe facce, ancora, inspiegabilmente, nella stanza dei bottoni.

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