ANSA/ANGELO CARCONI
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Trattativa Stato-Mafia: Napolitano e la domanda di Riina

"Scusasse, signor presidente: vossia permette una domandina al capo dello Stato?". Ma ve lo immaginate, un Totò Riina, o un Leoluca Bagarella, che così interloquiscono (sia pure attraverso videoconferenza) con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano?

Preannunciata da Panorama.it come ipotesi "in punta di diritto" lo scorso 25 settembre, quando era uscita la notizia dell’imminente audizione di Napolitano come teste al processo palermitano sulla presunta trattativa fra Stato e mafia, l’eventualità del più imbarazzante fra i confronti comincia oggi ad assumere qualche concretezza.

Perché Napolitano deporrà il prossimo 28 ottobre: lo ha comunicato oggi il presidente della Corte d'assise di Palermo, che ha fatto sapere di aver ricevuto dal Capo dello stato una lettera di conferma della sua disponibilità a essere interrogato al Quirinale.

Ma, soprattutto, è accaduto che Riina e Bagarella, intervenendo oggi in video-conferenza al processo sulla trattativa Stato-mafia, dove sono entrambi imputati con l’accusa di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato, abbiano espresso la precisa volontà di partecipare, sempre in video-collegamento, all'udienza del 28 ottobre.

A prevedere l’ipotesi è l’art. 502 del Codice di procedura penale ("Esame a domicilio di testimoni, periti e consulenti tecnici"), dove si legge che "il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l’intervento personale dell’imputato interessato all’esame".

Certo, Napolitano potrebbe negare il confronto. Ma un altro articolo del Codice, il 500, stabilisce che "se il teste rifiuta di sottoporsi all’esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese".

Che cosa accadrà? L'avvocatura dello Stato si è opposta al collegamento video. E la Corte d’assise si è riservata di decidere.


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