Lifestyle
July 10 2015
Al seguito del Tour de France gli appellativi ormai si sprecano per Daniel Teklehaimanot, 26enne corridore eritreo del team sudafricano MTN-Qhubecka: "uomo simbolo", "orgoglio africano", "emblema di un continente che si apre al ciclismo". Il perché di tanto entusisasmo da parte della stampa francese? Il fatto che Teklehaimanot è diventato ieri il primo africano nero a conquistare la maglia a pois, quella riservata al migliore scalatore, mantenuta poi oggi nella settima tappa da Livarot a Fougères.
L'elogio de l'Equipe
Poco abituato all'attenzione mediatica, il ciclista eritreo ha conquistato la simpatia di molti appassionati e anche di numerosi cronisti al seguito della carovana della Grande Boucle, a partire da quelli de L'Equipe: "Quando è sceso dal podio, non aveva grandi messaggi da trasmettere", ha scritto infatti il prestigioso quotidiano sportivo francese, "ma la sua sola presenza davanti ai microfoni, alle telecamere, alle macchine fotografiche, è bastata a mostrare la portata del simbolo: insieme al suo compagno di squadra Qhubeka Merhawi Kudus, rappresentava per la prima volta l'Africa nera al Tour".
Solo sport, niente politica
La simpatia di Teklehaimanot annulla anche l'ombra che i suoi successi possano giovare al tiranno Issayas Afewerk, al potere in Eritrea dal 1993. A difendere oltralpe l'atleta è infatti subito intervenuto il giornalista esperto di Corno d'Africa Leonard Vincet: "E' un'icona per tutti gli eritrei, quelli in patria e quelli della diaspora che sono fuggiti", ha detto, "ma tiene le sue opinioni politiche per sé. Come mi disse un alto funzionario oggi disertore, laggiù tutti fanno finta".