Tapering: cinque cose da sapere

Per giorni l’attesa per le parole di Ben Bernake , presidente della Fed, è stata febbrile. Il "tapering" (diminuzione e fine degli acquisti di titoli di Stato governativi da parte della Federal Reserve), parola sconosciuta fino a poche settimane fa, è entrato con violenza nei salotti italiani e ha imperversato su  giornali e tv.
La tensione mercoledì era arrivata alle stelle: dalla pubblicazione dei verbali del Fomc (organo decisionale della Fed nell’ambito di politica monetaria) ci si attendeva una vera e propria roadmap sui tempi e modi della riduzione degli acquisti sostenuti dalla Banca Centrale Usa come stimolo economico. Anche stavolta però nessuna decisione è stata presa e così l’incubo continua ad incombere sui mercato e nelle nostre case. Senza peraltro che finora sia stato chiarito il motivo per cui agli italiani debba importare qualcosa di questo semisconosciuto tapering.

Ecco quindi cinque cose da sapere sull’incubo dei mercati finanziari internazionali e sul perché la fine della politica monetaria espansionistica Usa può portare ad amare ripercussioni, anche nella nostra vita di tutti giorni. Anche se c’è chi non esclude anche possibili sorprese positive.

 1) L’inizio

"Con il cosiddetto quantitative easing 3 (QE ovvero politica espansionistica monetaria ndr) la Fed si è impegnata dal settembre del 2012 a comprare Us Tresury (titoli di Stato Usa ndr) e Mbs (mortgabe backed Securities, ovvero titolo garantito da un insieme di mutui ipotecari) per 85 miliardi di dollari al mese finché l’economia e l’occupazione non si fossero riprese. In dodici mesi significano 1.020 miliardi immessi nel sistema che equivalgono al 6,5% del Pil Usa" spiega Tommaso Federici, responsabile gestioni di Banca Ifigest. Un simile provvedimento, che ha fornito liquidità al sistema per ripartire dopo il collasso economico e finanziario, non poteva ovviamente che essere temporaneo. Una misura d’emergenza. Ma i mercati hanno fatto finta di dimenticarselo.

2) L’ultimo anno

In questo periodo "i mercati sono diventati dipendenti dalla liquidità immessa dalle banche centrali" commenta Federici. Donatella Principe, responsabile dell’Institutional Business di Shroders Italia parla senza mezzi termini di "effetto bolla di liquidità", di "doping" dei mercati finanziari. Di fatto, gli oltre mille miliardi immessi nel sistema dalla Fed, hanno sostenuto gli investimenti su entrambe le sponde dell’Oceano, ma hanno anche creato una ricchezza artificiale. Per quanto poi ci riguarda da vicino, "l’Italia è stato uno dei Paesi che più ha beneficato del doping delle Banche Centrali, dalla Bce alla Fed, sia direttamente (acquisto di titoli di Stato e liquidità dalle due Ltro della Bce) sia indirettamente grazie alla pace dei mercati comprata dal QE americano e dalle rassicurazioni di Draghi" sostiene Principe. "Un eventuale drenaggio di liquidità contribuirebbe a mostrare che in realtà il re è nudo".

3) L’annuncio del tapering

A maggio la Fed ha avvisato i mercati che se l’economia proseguirà di questo passo,  procederà a ridurre gli acquisti portati avanti nel corso degli ultimi mesi. Non sono stati tuttavia forniti né tempi né modalità. Tutto dipenderà dai prossimi dati macroeconomici. Il mercato da allora è in tensione, mentre la Fed sembra pervasa da un dubbio amletico.

4) Le previsioni

Sarà fondamentale valutare attentamente i dati sul lavoro Usa pubblicati il 6 settembre. Cifre forti sul fronte dell’occupazione (creazione di nuovi posti di lavoro superiore alle 175mila unità) anticiperanno il tapering a settembre, cifre deboli lo posticiperanno, anche se la riduzione inizierà comunque entro fine anno” sostiene Filippo Diodovich di Ig Markets.  "Mi sembra più probabile che la Fed sia molto prudente nell’abbandonare il quantitative easing. Potremmo così assistere ad una riduzione graduale, da 85 a 65-60 miliardi, a partire da novembre" sostiene Federici secondo cui poi "Se così fosse il tapering non avrebbe conseguenze destabilizzanti sui mercati globali. In questo contesto la divisa Usa potrebbe rivalutarsi rispetto all’euro con grande vantaggio dei Paesi esportatori come il nostro".

5) Le ripercussioni in Italia

"La fine del programma QE porterebbe a una riduzione della propensione al rischio da parte investitori che colpirebbe, tra gli altri, titoli di Stato obbligazioni societarie e Borse di Paesi percepiti come meno sicuri. Tra cui anche l’Italia" evidenzia Federici. Diodovich parla di "tensioni sui mercati azionari e obbligazionari", oltre che di "pressione alle aste di titoli a medio/lungo termine".  "Una politica monetaria Usa meno espansiva rischia di colpire l’Italia attraverso diversi canali tra cui la crescita del costo dell’indebitamento, l’effetto ricchezza negativo (ovvero impoverimento determinato dalla flessione dei mercati ndr) e il peggioramento del sentiment degli investitori" rimarca Principe per cui, a conti fatti, un simile scenario porta a "minori prestiti bancari concessi a costi crescenti", per le famiglie e per le aziende, con ripercussioni in ultimo quindi anche sul fronte occupazionale.

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