Swap, la forma di baratto (pericoloso) dell’alta finanza

Barattopoli. In altre parole: il regno degli swap. In inglese: baratto, appunto. O, ancora, scambio. Inventati nei primi degli anni ‘80 da qualche mago della finanza che ha fiutato l’affare (e che affare!), oggi sono alla base di negoziati per diverse centinaia di miliardi di dollari di peso complessivo in tutto il mondo. Ma di cosa si tratta? Di accordi privati tra due parti che si scambiano soldi a date prestabilite e in base a un calcolo fissato a priori.

Fino a qui sembra tutto semplice e chiaro. Peccato però che per Warren Buffett, il magnate multimiliardario con un patrimonio stimato in 47 miliardi di dollari, chiamato dagli amici (ma anche dai nemici) l’oracolo di Omaha perché capace di azzeccare i venti dei mercati, gli swap, al pari di tutti i derivati, sono una sorta di “arma finanziaria di distruzione di massa”.

Ecco perché. Il più delle volte gli swap sono utilizzati per coprire o modificare posizioni di rischio degli investitori (banche, fondi). Tra i contratti più usati ci sono i credit default swap, ossia i cds. Sono una specie di copertura assicurativa dal rischio di insolvenza di una società o di un Paese. In pratica si trasferisce il rischio di credito da un soggetto verso un altro dietro il pagamento di un premio. Con una particolarità: il prezzo è variabile e dipende dalla stima del rischio di fallimento del debitore.

Non importa se reale o percepito. Se il rischio c’è, l’asticella s’impenna. E molto! Altra particolarità: gli swap sono scambiati sui mercati non regolamentati (i cosiddetti “over the counter”) e possono avere qualsiasi durata anche se i cinque anni vanno per la maggiore. In questo modo si prestano a un alto livello di speculazione che, in caso di scelte sbagliate, può costare (caro) a chi li acquista.

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