Strage di Orlando: lutto a Washington
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Strage di Orlando, l’Isis ha fatto scuola anche in America

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12 giugno 2016. La comunità LGBT riunita di fronte allo storico bar gay "Stonewall Inn" di New York per esprimere cordoglio e solidarietà alle vittime della strage di Orlando.
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12 giugno 2016. Bandiere arcobaleno, simbolo del movimento LGBT, esposte nella Harvey Milk Plaza di Castro, quartiere di San Francisco, in occasione del gay pride.
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12 giugno 2016. I colori della bandiera arcobaleno (simbolo del movimento di liberazione e per i diritti civili di lesbiche, gay, transessuali e bisessuali) in cima al One World Trade Center di New York, in segno di solidarietà alle vittime della strage di Orlando.
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12 giugno 2016. Membri e sostenitori della comunità LGBTQ partecipano a una manifestazione di solidarietà per le vittime della strage di Orlando di fronte alla Casa Bianca a Washington, DC, USA.
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12 giugno 2016. Una veglia di cordoglio e solidarietà per le vittime della strage di Orlando nella Harvey Milk Plaza, nel quartiere di Castro a San Francisco, in California.
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12 giugno 2016. Membri e sostenitori della comunità LGBT depongono dei mazzi di fiori e delle bandiere arcobaleno (simbolo del movimento di liberazione e per i diritti civili di lesbiche, gay, transessuali e bisessuali) di fronte all'ambasciata degli Stati Uniti a Madrid, in Spagna.
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Il ricordo delle vittime della strage al Pulse di Orlando, Florida, 12 giugno 2016
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Poliziotti e agenti dell'Fbi davanti al Pulse nightclub di Orlando (Florida), dopo la strage, 12 giugno 2016

Per Lookout news

La strage di Orlando, Florida, la più sanguinosa delle sparatorie americane di sempre - 50 morti al Pulse, un noto locale gay - va ben al di là della cronaca e ci racconta qualcosa sul quale dovremo riflettere a lungo. Qualcosa di molto americano. Ma prima è indispensabile una premessa: il Califfo Abu Bakr Al Baghdadi sarà ricordato nei libri di storia come e più di Osama Bin Laden. Egli ha superato tutti i predecessori in potenza e brutalità, nonostante non siano pochi i maestri del terrore che in nome di Allah hanno deciso di muovere guerra contro il mondo.

Ma la Jihad di Al Baghdadi ha offerto uno strumento in più ai movimenti terroristici che si rifanno alla Sharia e che puntano a imporre l’Islam radicale sopra il Medio Oriente e oltre: migliaia di “aspiranti terroristi” negli ultimi anni si sono avvicinati al Califfato per affinità o per ammirazione, e non solo per denaro, poiché il Califfo ha dato loro un esempio terribilmente concreto di come la “guerra santa contro gli infedeli” sia possibile. Ha dato loro un territorio, offrendogli armi, stipendi, schiave e ha creato così un esercito fedele al punto che i suoi soldati sono disposti a tutto per la causa, fino al martirio, che è anzi lo strumento privilegiato dallo Stato Islamico. Si potrebbe dire l’arma in più. Questo fa attualmente di Al Baghdadi e del suo progetto la più pericolosa minaccia per la pace in Medio Oriente e per il quieto vivere in Occidente.

La “benedizione del martirio”
Farsi uccidere in nome di Allah è considerata una sorta di benedizione. E ciò vale sia per i soldati che combattono in Siria e Iraq, i quali ogni giorno si immolano lanciandosi con autobomba cariche di esplosivo contro le linee nemiche, ma vale anche per gli “aspiranti jihadisti” in Occidente, che se talvolta seguono un ordine preciso - vedi le stragi di Parigi e Bruxelles - altre volte invece sono mossi dal solo spirito di emulazione, tale per cui agli aspiranti serve solo reperire armi per portare a termine la loro macabra missione.

 Lo spontaneismo è al centro anche della strage di Orlando. L’esempio che Al Baghdadi ha mandato al mondo è ormai chiaro: così come per essere musulmani basta pronunciare una sola frase (la Shahada, la professione di fede) di fronte a un testimone, per essere soldati dello Stato Islamico basta avere una bandiera nera e un’arma. Compiere una strage è l’inevitabile conseguenza, così come la morte sul campo. Dopodiché, lo Stato Islamico potrà attribuirsi o meno l’azione suicida, a seconda delle convenienze e del risultato ottenuto dall’aspirante jihadista. E questo offre al Califfato un doppio vantaggio: amplificare le paure dei nemici e mostrare che lo Stato Islamico è più forte e pericoloso di quanto non sia in realtà.

L’omofobia e la disponibilità di armi
Ma va detto qualcosa in più su come l’attacco vile al Pulse sia maturato. Dietro ci sono almeno due elementi da analizzare con freddezza: il primo è l’omofobia. Sbaglieremmo, infatti, ad attribuire alla causa dell’Islam questa strage. Sì, è vero, il Califfato disdegna gli omosessuali e ne ha assassinati numerosi in questi anni. Ma è piuttosto l’omofobia ancora serpeggiante in larga parte della società occidentale ad aver spinto Omar Seddique Mateen alla strage, e non direttamente i dettami della Sharia. Il suo è un classico esempio di quello spontaneismo di cui sopra, dove un qualsiasi cittadino instabile di mente può, se ne ha la possibilità, fare di una causa personale un movente politico e rivendicare l’azione stragista conseguente in nome di Allah o dello Stato Islamico, anche se di Allah o dello Stato Islamico non è.

 Ciò è tanto più facile negli Stati Uniti, l’unico paese al mondo dove chiunque può comprare legalmente un fucile d’assalto come quello usato a Orlando, e i relativi caricatori. E questo è il secondo punto, la legge sulle armi. L’Ar-15 fa parte della famiglia del più noto M-16, quello per dire usato nella guerra del Vietnam: questo mitra è capace di sparare quasi 900 colpi al minuto ma ha un caricatore da 20 0 30 colpi, ragion per cui Omar Seddique Mateen ha dovuto comprare un bel po’ di munizioni prima della strage. Il tutto è stato possibile nonostante egli fosse già da tempo noto all’FBI, che lo aveva messo sotto osservazione nel 2013 e poi nel 2014. Ne consegue che è proprio l’aspetto giuridico della vicenda il primo degli imputati.

 Pochi giorni prima degli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, un’agente dell’FBI di Tampa si recò dal suo capo riferendo della strana circostanza di cinque arabi che, dopo essersi iscritti alle lezioni di pilotaggio, non frequentavano però le ore di corso relative agli atterraggi, ma erano interessati solo al decollo. Quando la donna poliziotto riferì al responsabile questa stranezza inquietante, si sentì rispondere da suoi superiori dell’FBI: “dov’è il reato?”.

 Il punto è proprio questo: lo stragista, instabile, violento e già sospettato dalla polizia federale, non ha compiuto alcun reato fino a che non è entrato nel Pulse di Orlando per aprire il fuoco indiscriminatamente su decine di vittime innocenti. Il fatto che fosse uscito da un’armeria così come se si dovesse preparare alla guerra, per le leggi americane non rappresenta un problema. Questa, dunque, è una strage tutta americana, dettata dallo spontaneismo di una mente malata in una società nella quale assecondare la follia è molto più facile che altrove.


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