Il sospetto di Thomas Vinterberg, angosciante piccola perla danese

L'angoscia ti assale già dopo i primi dieci minuti di visione e rimane addosso fino alla fine. Non te la scrolli neanche quando ti infili con lentezza il cappotto, lanci occhiate attorno a te notando visi torvi come il tuo, e ti appresti a uscire dalla sala. Il sospetto si è insinuato dentro. L'impotenza brutale verso l'ingiustizia ha braccato la tua anima.

Il sospetto del danese Thomas Vinterberg, dal 22 novembre al cinema, è uno di quei film che merita applausi: piccola produzione, grande intensità. L'interiorità umana è protagonista e scandagliata con crudezza: ecco tutta la sua bassezza, ecco tutta la facilità con cui costruisce mostri e non si sforza ad analisi più profonde, ecco come riesce a distruggere una vita senza criticità, senza concedere il beneficio del dubbio, senza speranza di redenzione.
La fotografia fredda e nordica di Charlotte Bruus Christensen accompagna questa caduta negli abissi.

Superbo è Mads Mikkelsen, meritatamente premiato a Cannes 2012 come migliore attore. È lui Lucas, un ex maestro elementare costretto a ripartire da zero dopo un brutto divorzio e la perdita del lavoro. Ha trovato un nuovo impiego in un asilo, dove per la sua docile sensibilità è amato da tutti i bimbi, soprattutto da Klara (Annika Wedderkopp), la figlioletta del suo migliore amico Theo (Thomas Bo Larsen). Klara è una bambina un po' particolare: quando cammina non sopporta l'idea di calpestare le linee tra una lastra e l'altra del marciapiede e Lucas l'aiuta a rispettare questa sua piccola ossessione. Lucas sembra il padre ideale...

L'impacciato e sornione Lucas trova anche un nuovo amore in una collega dell'asilo. Quando le cose sembrano andare per il meglio, un'accusa infamante quanto falsa lo colpisce. Pedofilia. A Lucas sembra una possibilità così assurda e lontana da lui che quasi non se ne cura ma... la quotidianità gli si rivolta contro. Tutto e tutti sono contro di lui, con violenza scioccante.
Da poche parole di una bambina nasce una sorta di gara, da parte degli adulti, a mettere addosso ai più piccoli frasi, sintomi di abusi, imputazioni.
Potrebbe sembrare esagerata la carambola attorno a Lucas e assai distante dal vero. Ma poi la cronaca non mente e solo pochi giorni fa riportava di un padre condannato in primo grado per abusi sulla figlia e poi riabilitato in appello, dopo dieci anni, il tempo necessario per perdere tutto.

La calunnia lievita, un’ondata di isteria collettiva assedia la piccola comunità dove vive Lucas, la sua esistenza è travolta. L’unico a stare sempre dalla sua parte, coraggiosamente, è suo figlio, un ragazzino, Marcus (Lasse Fogelstrøm). La tensione e la drammaticità salgono, e lo spettatore non può che esserne completamente coinvolto.

Vinterberg, dopo Festen (1998), ha di nuovo fatto centro. La Danimarca, grazie a Vinterberg stesso, a Susanne Bier (Oscar come miglior film straniero con In un mondo migliore) e a quel matto di Lars Von Trier, è ormai una delle migliori fucine del buon cinema.

YOU MAY ALSO LIKE