Siria, tra macerie e speranze

Lens Young Syrian
"Quante poesie ha ispirato la bellezza di Damasco, quante pagine hanno raccontato la sua storia, il suo fascino, la sua gente. Al tramonto il cielo sembra celebrare l'incanto del tempo che qui sembra essersi fermato, ma sotto il peso di un silenzio imposto con la forza la città, lentamente, muore. Bombe sporadiche rispetto ad altre città, ma pur sempre bombe, ordigni che hanno portato distruzione, sfigurando il volto dell'antica Sham. L'orgoglio siriano pugnalato al cuore, perché le gesta eroiche della Damasco di ieri sono oggi imprigionate nelle gabbie del potere, che come un male devastante ha allungato le sue radici ovunque. E mentre il resto della Siria piange, la capitale è muta nel suo dolore."
Lens Young Syrian
"Un gigante in metallo abbandonato lungo una strada di Daraa diventa un insolito parco giochi. Si usa come panchina, ci si monta un'altalena. I bambini del quartiere dove quel mostro cingolato ha seminato morte e distruzione si dondolano sul suo braccio lungo sfidando la paura e la desolazione. Sembrano quasi addomesticarlo e umanizzarlo. Quel nemico temuto che ha minacciato la loro incolumità ora si piega di fronte a tanta struggente innocenza."
Lens Young Syrian
"Omar piange sulle macerie di quella che era la sua casa. Pochi istanti, il tempo di sentire il rumore del velivolo militare avvicinarsi minacciosamente e poi il boato, la corsa verso il luogo da cui proveniva la colonna di fumo per andare a filmare tutto e poi rendersi conto che quella crollata era proprio la sua abitazione. Pochi minuti dopo, un nuovo boato. Omar cade esanime. L'ultimo scatto che lo ritrae vivo racconta tutta la sua desolazione, la voglia di isolarsi e non sentire, né vedere più alcun orrore."
"La testa avvolta da una benda, il corpo ferito, stanco, appoggiato su una panca dell’ospedale da campo. Le mani giunte, quasi in preghiera. Gli occhi chiusi, per non vedere più, per fermare lo sguardo agli istanti prima della tragedia. Manar è sopravvissuta, non sa ancora che l’ordigno ha ucciso parte della sua famiglia; sa solo che non potrà mai dimenticare. Lo spavento, il fragore, i muri che tremavano. “Aiuto, cosa succede?”. Nessuna risposta."
Lens Young Syrian
"Un antico proverbio siriano dice: “la madre del martire si addormenta piangendo, la madre del disperso non riesce neppure a dormire”. Ranya è seduta accanto alla tomba del suo bambino. Lo sguardo perso nel vuoto, le mani le chiudono la bocca e reggono il volto che non smette di lacrimare. Dormirà senza poterlo stringere al petto, dormirà singhiozzando, ripetendo all'infinito il suo nome, incapace di spiegarsi perché. Che colpa aveva il suo bambino? Davanti a lei una lapide con la scritta Alfatiha, L'Aprente, la preghiera che si recita per chi lascia questa vita."
Lens Young Syrian
"A Lattakia i bambini imparano a nuotare sin da piccoli: era una delle città costiere più belle della Siria. Oggi non lo è più: è pericoloso muoversi, attraversare le strade, persino stare in casa. La morte può sopraggiungere ovunque. E così i bambini, ignari e inconsapevoli dell'orrore che li circonda, spesso si trovano a camminare, giocare, sedere vicino ad ordigni inesplosi o a pericolosi resti di bombe. La loro disarmante innocenza mortifica la vergognosa potenza delle armi."
Aleppo Media Center
"Marzo 2013, il fiume Queiq restituisce i corpi esanimi di centinaia di persone. Vittime di esecuzioni sommarie gettate nell'acqua senza pietà. Riemergono uno dopo l'altro cadaveri che vengono avvolti da sudari bianchi e portati nel cortile di una scuola ormai abbandonata. Sono soprattutto giovani; per molti è impossibile l'identificazione. Finiranno in fosse comuni, dove saranno seppellite anche la speranza e quel che resta dell'umana pietà."
Lens Young Syrian
"Un'insolita finestra sul quartiere. Deir Ezzor messa a nudo silenzio di strade fantasma. La carcassa di un'automobile abbandonata in mezzo ad una rotatoria, l'anello di scorrimento di un traffico che non c'è più. Persino gli alberi hanno perso le loro foglie e sembrano faticare a rivestirsi di vita. Un'unica sagoma umana si muove tra colonne di fumo che salgono dopo ogni esplosione. Cosa resterà quando le armi avranno cessato di urlare le proprie ragioni?"
Lens Young Syrian
"Sembra ancora più dolce il rumore delle ruote del triciclo quando si trascina su una strada disseminata di macerie. Majid lo tiene dritto ed è fermamente intenzionato a farlo camminare, perché vuole andare lontano, lontano da Homs, lontano da quella prigione a cielo aperto della sua città, devastata dalle bombe e stremata dall'assedio. Sogna di diventare grande, di circondarsi di case che stanno in piedi e palazzi abitati da bambini con cui giocare. Majid sogna di essere davvero solo e soltanto un bambino."
Asmae Dachan
"Provare a scrivere la parola "domani": è la sfida di tante maestre che, da volontarie, si stanno impegnando per offrire ai bambini siriani un'opportunità, insegnando loro a leggere e scrivere. In questo scantinato a Kafarnaha, periferia di Aleppo, ogni giorno si sfida l'orrore della guerra che uccide il presente e il futuro. Con i pochi mezzi a disposizione la scuola diventa un'alternativa alla desolazione, un posto dove si incontrano alunne e alunni che spesso vivono lontano dalle loro case, in alloggi di fortuna o sistemazioni provvisorie e che qui riassaporano, per qualche ora ogni giorno, il gusto della normalità."
Deir Ezzor Geographic
"Stop. Si fermino qui le bombe, gli abusi, le violenze. Si fermi qui la strada che porta al martirio, al genocidio di civili inermi, alla fuga di fiumi umani di donne, bambini e anziani. Stop. È un mondo al contrario quello dove i figli del popolo imbracciano le armi per uccidere i loro stessi fratelli, dove chi chi documenta la devastazione viene arrestato, come è accaduto all'autore di questo scatto. Stop. È stata imboccata la strada sbagliata, quella senza ritorno. Bisogna invertire rotta."

Contestualmente alla cerimonia che vedrà l'Ordine dei giornalisti delle Marche consegnare il premio "A passo di notizia" alla giornalista italo-siriana Asmae Dachan, presso la Mole Vanvitelliana di Ancona inaugura il 7 marzo la mostra dal titolo Siria, tra macerie e speranze.

Dedicato in questa edizione al giornalismo in zone di guerra, il premio riconosce il valore dei reportage della giornalista nelle città siriane devastate dai combattimenti e nei campi profughi di confine, apprezzati "per l’intensa attività di informazione e sensibilizzazione svolta in stretto contatto con agenzie e reporter clandestini, e per l’impegno profuso nell’aiuto umanitario alle popolazioni civili coinvolte nel conflitto". 

La mostra propone una serie di scatti realizzati nella aree di conflitto da Asmae Dachan e da una gruppo di citizen reporter siriani di diverse città con cui la giornalista è in contatto. Un modo per valorizzare il loro lavoro, mostrando il volto di alcune città dove ai giornalisti stranieri è ormai impossibile accedere, e per rendere omaggio a tutti i reporter caduti per documentare cosa accade in Siria da quattro anni a questa parte.

Siria, tra macerie e speranze
7-21 marzo 2015
Mole Vanvitelliana, Ancona


"Quando arrivo ad Aleppo è ormai notte. La città è immersa nel buio più profondo e le uniche luci sono quelle di cassonetti incendiati e di alcuni generatori. L'aria è irrespirabile: è l'odore della morte che avvolge il centro abitato. Il buio è interrotto solo dagli spari; raffiche di mitra ed esplosioni scandiscono la notte. Alla luce del sole scopro intorno a me macerie e devastazione. Fa uno strano effetto vedere bambini che camminano in strada, anziani seduti a fumare, donne e uomini che si muovono furtivi. Fa uno strano effetto rendersi conto che la gente lotta disarmata per sopravvivere. Anche i cecchini si sono svegliati e sparano, feriscono, uccidono. Inizio la mia prima intervista con un volontario della Protezione Civile che, a mani nude, scava alla ricerca dei corpi intrappolati sotto il peso delle loro stesse case piegate dalle bombe. Sentiamo un urlo. Ho la fotocamera appesa al collo e la handycam ancora in borsa. Le accendo entrambe, le metto in funzione: hanno trovato il corpo di una donna. Era lì da una settimana. Le prime immagini che immortalo sono quelle di giovani intenti a recuperare i corpi senza vita di civili uccisi senza pietà da ordigni illegali. I cadaveri sono ormai irriconoscibili; una striscia di nastro adesivo con su scritta la data e il luogo di ritrovamento diventa l'unico segno distintivo. È la Siria di oggi: la terra dei gelsomini coperta di fosse comuni. Nelle zone di periferia, immense tendopoli in mezzo agli uliveti fanno da riparo a milioni di sfollati. Negli ospedali da campo i feriti sanguinano a terra senza neppure un letto. I bambini non vanno a scuola da quattro anni e con i loro occhi grandi ti interrogano senza farti domande. Quando sorridono, tutto intorno sembra tacere..." 

Asmae Dachan

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