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Siria: la Turchia sfonda ad Al Bab e vede Raqqa

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La Turchia avanza nella città di Al Bab, “la porta” (è questo il significato del suo nome) del nord della Siria, nel governatorato di Aleppo, dove i soldati di Ankara vogliono sfondare per costituirsi quale forza d’interposizione tra le milizie curde presenti nell’area.

Per farlo, però, devono prima sfrattare gli uomini dello Stato Islamico che occupano militarmente Al Bab da ancor prima che il Califfato si costituisse in Medio Oriente (29 giugno 2014).

In caso contrario, se cioè i soldati curdi dello YPG (Unità di Protezione Popolare) riuscissero a conquistare la cittadina al loro posto, potrebbero assicurarsi una continuità territoriale lungo tutto il confine con la Turchia: grazie al corridoio di Al Bab, infatti, potrebbero finalmente unire le conquiste territoriali tra le città di Efrin (a nordovest di Aleppo) e Kobane (nordest), e completare la creazione manu militari della Rojava, lo stato autonomo del Kurdistan siriano che questo popolo sogna da tempo immemore, non avendo mai avuto una patria (i curdi sono dispersi principalmente tra Siria, Iraq, Iran, Turchia e Armenia).

 La costituzione della Rojava non è però un fatto accettabile per Ankara, che non lo consentirà e che perciò con questa manovra militare punta a riportare i curdi sulla riva orientale del fiume Eufrate. È con tale auspicio che il comando generale turco a fine estate 2016 ha varato quella strategia di contenimento che si è concretizzata nell’operazione “Scudo sull’Eufrate”, che l’11 febbraio è entrata nel suo 170esimo giorno e che oggi vede impegnate in Siria migliaia di truppe di Ankara, al fianco dei ribelli del Free Syrian Army.

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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14 dicembre 2016. Una donna ferita e sotto shock, residente nel quartiere di al-Sukari di Aleppo, viene aiutata a salire a bordo di un furgone.

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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4 febbraio 2017. Syrian Mahmoud Al-Khatib, un combattente dello Jaish al-Islam (Esercito islamico) - il gruppo ribelle più importante nella provincia di Damasco, fieramente opposto sia al regime siriano sia al gruppo Stato islamico - di guardia in una postazione all'interno di un edificio vicino alla prima linea, nella città di Bilaliyah, a est della capitale Damasco.

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29 gennaio 2017. Rifugiati interni fuggiti da Mosul in coda per la distribuzione dell'acqua nel campo allestito dall'ONU nella provincia di Hasakeh, in Siria.

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15 dicembre 2016. Un anziano viene trasportato verso un'ambulanza durante un'operazione di evacuazione di un gruppo di ribelli e delle loro famiglie dai quartiere orientali di Aleppo, verso l'area di Ramoussa, sotto controllo governativo, dopo un nuovo accordo raggiunto tra i belligeranti per l'evacuazione dei civili.

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15 dicembre 2016. Un gruppo di autobus di fronte a degli edifici distrutti, durante un'operazione di evacuazione di un gruppo di ribelli e delle loro famiglie dai quartiere orientali di Aleppo, dopo un nuovo accordo per l'evacuazione dei civili raggiunto tra i belligeranti.

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15 dicembre 2016. Due bambini osservano in lontananza dei bus in partenza dai quartieri orientali di Aleppo, durante un'operazione di evacuazione di alcuni ribelli e delle loro famiglie, dopo un nuovo accordo per l'evacuazione dei civili raggiunto tra i belligeranti.

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13 dicembre 2016. Forze filo-governative siriane camminano tra i resti dell'antica moschea degli Omayyadi, nella città vecchia di Aleppo, dopo aver riconquistati l'area ai ribelli.

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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5 ottobre 2016. Volontari dei "Caschi bianchi" in azione tra le macerie di un edificio bombardato nel quartiere di Bustan al-Basha ad Aleppo, in Siria.

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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4 ottobre 2016. Un volontario dei "Caschi bianchi" mette in salvo una bambina travolta dalle macerie di un edificio bombardato ad Aleppo, in Siria.

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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4 ottobre 2016. Volontari dei "Caschi bianchi" traggono in salvo un ragazzo travolto dalle macerie di un edificio bombardato ad Aleppo, in Siria.

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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4 ottobre 2016. Un uomo disperato accanto alle macerie di un edificio bombardato ad Aleppo, in Siria.

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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Shelly Kittleson (USA) - Siria, 2013-2015 Una donna mostra sul telefono cellulare la foto di uno dei suoi figli uccisi durante la guerra.

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Forse siriane ad Aleppo

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Un uomo siriano porta in braccio il cadavere del figlio ad Aleppo, il 2 ottobre 2016

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Nord di Aleppo, una donna tiene in braccio il figlio ucciso dopo un bombardamento

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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Aleppo, Siria, 15 agosto 2016

Il fronte siriano e la distruzione di Aleppo

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Manbij (Siria) dopo la liberazione dai miliziani dell'Isis, agosto 2016

Le forze turche in Siria

Anche se numeri ufficiali non sono stati rilasciati, si sa però che per scendere ad Al Bab, il 7 febbraio scorso circa 1.300 soldati turchi (di cui 700 commandos, circa 200 forze speciali, oltre a 400 tra carristi e tecnici) e quasi 2.000 combattenti del Free Syrian Army hanno ingaggiato una battaglia che sinora ha portato alla conquista dei quartieri occidentali della città: la zona dei silos, il centro sportivo e l’aera intorno alla moschea Zahra. Complessivamente, fonti militari turche affermano di aver conquistato il 25% di Al Bab, mentre ancora infuriano gli scontri nel centro cittadino.

  Prima della guerra Al Bab contava poco più di 60mila abitanti ma oggi, intrappolati nei quartieri, sarebbero rimasti poco più di 10mila civili, oltre a circa 800 uomini dello Stato Islamico ben armati, che qui dispongono di piccole unità contraeree, con cannoni montati sulle consuete jeep che ormai la guerra ci ha abituato a conoscere, e di razzi anticarro.

Il ruolo dell’esercito siriano

Anche l’esercito siriano sta avanzando per raggiungere la città e oggi si è attestato ad Abu Taltal, circa 3,5 kilometri a sud di Al Bab. La concentrazione di truppe non alleate intorno ad Al Bab è frutto degli accordi dello scorso 23 gennaio alla conferenza di Astana, in Kazakhstan, dove Mosca e Ankara hanno deciso un cessate-il-fuoco tra le truppe di Bashar Al Assad e i ribelli delle formazioni non affiliate a Stato Islamico e Fateh Al Sham (ex Jabhat Al Nusra).

Ragion per cui, oggi tutte le parti in lotta si sentono in diritto di occupare Al Bab in danno del solo Stato Islamico. Al momento la Turchia, pur non avendo messo in piedi un vero coordinamento né con i siriani né con i russi (i cui aerei bombardano di continuo l’area e la scorsa settimana hanno colpito per sbaglio anche truppe turche, uccidendo tre soldati), si è assicurata per prima l’arrivo in città e, giocoforza, s’intesterà la vittoria e il presidio dell’area.

(Un miliziano dello Stato Islamico ad Al Bab)

Questo potrebbe scongiurare il rischio che le truppe ribelli del Free Syrian Army, al fianco di Ankara in questo quadrante, si scontrino con i soldati fedeli a Bashar Al Assad, come peraltro già successo nei giorni scorsi, quando vi sono state non poche segnalazioni di scambi di razzi e scontri occasionali tra l’FSA e le milizie dell’esercito siriano a sud-ovest di Al Bab.

Obiettivo Raqqa

La conquista di Al Bab da parte dei turchi non è limitata a interrompere la continuità territoriale delle conquiste curde, ma è propedeutica a lanciare la più grande e importante battaglia, quella decisiva per la presa di Raqqa, capitale del Califfato e obiettivo finale della riconquista della Siria. Se questo è in parte anche l’obiettivo di curdi ed esercito siriano, nessuno più di Ankara ha da perdere da questa campagna militare.

(La contraerea di ISIS ad Al Bab)

La Siria per come la conoscevamo non esisterà più, dunque chi avrà più peso contrattuale nel decidere la nuova disposizione amministrativa d’intere regioni e province sarà soprattutto chi riuscirà a entrare per primo a Raqqa. I curdi contano di poter giocare un ruolo determinante nella battaglia per Raqqa ma, come ad Al Bab, Ankara vuole e deve arrivare prima, per impedire che la sua strategia in Siria si riveli un fallimento totale.

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