Pure i sindaci del Pd gridano: «Meno fuffa Co2 e più dighe»

Se qualcuno volesse ancora arrampicarsi sugli specchi nel tentativo di giustificare ciò che è accaduto in Emilia-Romagna con il surriscaldamento globale, a smentirlo sono le parole di chi l’alluvione e i suoi danni li ha visti con i propri occhi. A spazzare via le chiacchiere inconcludenti di chi vorrebbe strumentalizzare il disastro per sostenere le proprie ecofollie, è il presidente della provincia e sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, una vita a sinistra e nel Pd. «In questi giorni ho sentito un sacco di stupidaggini sul dopo alluvione», ha detto al Corriere della Sera. Per esempio, gli ha chiesto la cronista? «Per esempio che la soluzione è rinaturalizzare». De Pascale usa questo termine per dire che bisognerebbe tornare al passato, vale a dire abbattere paesi e opere dell’uomo per cedere il passo alla natura, che in Romagna equivarrebbe a creare gli acquitrini che esistevano prima che 100 anni fa si procedesse alle opere di bonifica.

«Io sono per la lotta contro i cambiamenti climatici, ma qui si tratta di fare opere di protezione, argini più robusti, casse di espansione, invasi, pulire i fiumi, potenziare le idrovore». Il decalogo del sindaco che insieme ai volontari e alla protezione civile è riuscito a evitare l’affondamento di Ravenna (con le ruspe e con i massi schierati a fare da diga in barba alle sciocchezze ambientaliste della natura dura e pura), guarda caso coincide con quello di Romano Prodi e non con quello di Elly Schlein. La segretaria del Pd, ex assessore regionale alla transizione energetica, parla di ridurre le emissioni di CO2, di economia sostenibile e di altre idee da anime belle. Ma al contrario, chi ha ruoli di governo, del Paese o delle città, parla di cose concrete e di buon senso. L’acqua non si ferma con i buoni propositi, ma con gli interventi, fossero anche invasivi come dighe, casse di espansione, argini in cemento armato. «Abbiamo bisogno di idrovore», ha detto il sindaco, non di bei propositi. «Se il sistema delle nostre idrovore si spegnesse ora (ne sono in funzione 50, ndr), l’acqua arriverebbe in Piazza del Popolo. Dietro Ravenna c’è un lago, ci vorranno giorni e giorni per portarlo al mare».

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Sì, a tutti quelli che parlano di rinaturalizzazione, di ritorno al passato, ma soprattutto di non imbrigliare la natura senza ostacolarla con opere pubbliche, De Pascale replica parlando delle nutrie, animali che in questi giorni sono stati indicati come causa del disastro. «Non hanno antagonisti e sono diventate troppe. Come tane fanno buchi enormi negli argini dai quali entra acqua che li indebolisce. Ma quando ho provato a fare piani per controllarne la riproduzione ho ricevuto minacce di morte dagli animalisti. Siamo messi così… Proteste anche per gli alberi, perché oso dire che se negli alvei creano un problema vanno tagliati».

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