ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
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Il pm segreto che indaga sul complotto anti-Berlusconi

Pare di capire che il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, abbia deciso di avvolgere in un fitto velo di mistero il nome del suo sostituto che è destinato a occuparsi della delicata inchiesta sul complotto internazionale che nel 2011 disarcionò Silvio Berlusconi.

L'indagine indubbiamente è difficile: parte da un esposto della parlamentare azzurra Micaela Biancofiore, ma trova una serie di conferme convergenti nei libri e nelle testimonianze di molti protagonisti politici di quella stagione: l'ultimo è Timothy Geithner, ex ministro del tesoro americano. Ma l'idea di Pignatone è del tutto anomala: nei tribunali italiani non s'era mai visto «segretare» il nome del pubblico ministero, semmai quello dell'indagato. C'è chi sospetta che la soluzione abbia soltanto lo scopo di evitare polemiche al pm di turno, destinato fin d'ora a chiedere una veloce archiviazione del fascicolo.

A ben vedere, però, la soluzione ideata da Pignatone propone qualche serio vantaggio generale. Da anni, quel che resta del pensiero garantista in Italia (massacrato dal «giustizialismo» ormai imperante sui media e anche in politica) sostiene che una delle possibili soluzioni per evitare il massacrante gioco di sponda tra procure e redazioni dei giornali «amici» sia proprio quella di rendere non pubblicabile il nome dei pubblici ministeri che si occupano delle varie indagini.

L'idea è banale: se io sono il pm depositario di un fascicolo politicamente rilevante, è evidente che mi conviene passare informazioni e magari qualche carta ai giornalisti miei «amici» per ottenere in cambio da loro un trattamento di favore. A quel punto, e in quel modo, il mio nome verrà celebrato: farò probabilmente carriera, ne otterrò gloria e compensi. Se il mio nome, al contrario, non potesse essere reso noto, tutto il gioco logicamente sfumerebbe.

Ecco perché l'idea del procuratore Pignatone va presa al volo, va encomiata. Perché (non accadrà mai, ma sarebbe bello) la formula del «pm non nominabile» dovrebbe diventare la regola. Pensateci un attimo: sul tal caso non indaga più il pm Tal de Tali, magari noto per la sua verve anti-questo politico o anti-quello, ma indaga la Procura di Roma, l'ufficio impersonale. Cadrebbero così molte polemiche. E, soprattutto, tante fughe di notizie e violazioni del segreto d'ufficio non avrebbero più alcun motivo d'essere. 

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