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August 03 2016
Questa mattina mi sono alzata dopo ben dodici adolescenziali ore di sonno. Dovevo mettermi in pari. Mentre spremevo un limone (bevanda mattutina benefica anche se masochista) pensavo alla pigrizia e sono andata su Wikipedia, strumento da ‘pigri del XXI secolo’ per eccellenza, a cercare la definizione:“mancanza di determinazione nel compiere un'azione di cui si riconosce l'importanza. Per traslato la parola definisce anche la lentezza di alcuni oggetti o animali.”
Credo di essere pigra. Non sempre e non per tutto. In più i pigri m’infastidiscono e divento iperattiva se li ho vicini. Spesso dà fastidio vedere i propri limiti negli altri, no? Però mi riconosco nella definizione, un po’ per esame di coscienza, e un (bel) po’ perché il mio socio di vita è tutt’altro che pigro, quanto meno lo è in aree diametralmente opposte alle mie, e quindi mi riconosco nella differenza. Se ci dobbiamo alzare alle 7 io metto la sveglia dalle 6:00 ogni dieci minuti fino alle 7, cosi mi sveglio a rate e finisco i sogni, lui invece la programma per le 7 e mentre con una mano la spegne con l’altra si sta già lavando i denti. Cosi mentre il suo rituale corto e pragmatico a volte mi genera invidia, il mio può soltanto dare fastidio.
Ma al di là della vita quotidiana, dove mi muovo abbastanza e senza indugio, ora siamo in vacanza sulle colline laziali (sia noi sia gli amici polacchi credevamo fossero umbre) e ogni giorno mi succede come oggi, che mentre spremo un limone lentamente per non spaccare il torpore, il socio mi domanda a doccia fatta e con occhi entusiasti: “andiamo a fare un giretto?”
In quel momento vedo come se dalla sua fronte e dalla mia uscissero due immagini animate, come dal cinematografo. Inuna vedo che saliamo tutti in macchina a prendere cappuccino e giornale, poi la strada, le curve, un cartello che indica un castello, lo giriamo in lungo e in largo con una guida in mano, ancora la strada, un paesino medievale, noi che camminiamo sotto il sole di mezzogiorno, botteghe, artigiani, prodotti tipici, una trattoria, ottimi piati caserecci e qualche aneddoto da cameriere misto toscano. Nell’altra vedo un’atmosfera sognante, un tavolo sotto il pergolato, un bicchiere con acqua e limone, la moka che borbotta, il mate pronto per iniziarlo dopo, pane tostato e miele, un libro segnato con una pagina piegata verso la fine, il cinguettio degli uccelli, farfalle bianche sul prato, attorno le colline, e nessun impegno. È in questo momento che una secchiata di senso di colpa m’inzuppa il cuore con l’acqua della sorgente che proviene da quel “di cui si riconosce l’importanza” della definizione.
Succede come con i vegani: non c’è teoria nutrizionale che possa contrastare la superiorità morale della loro scelta. E così anche se tu, onnivoro, sei più equilibrato, sia nutrizionalmente sia psicologicamente, la loro scelta ha una bontà verso gli esseri viventi (tranne te e la tua categoria della quale alcuni si ciberebbero fino a farla scomparire per vivere dopo in armonia) che è impossibile da battere.
Noi pigri ci sentiamo in colpa perché non siamo ignoranti detrattori della cultura, facciamo solo fatica a mettere in moto il nostro corpo, a rompere la barriera del torpore, a scomodarci, facciamo fatica a scegliere di sudare sotto il sole in un magnifico paesino quando potremmo leggere un libro a bordo piscina. Capiamo e riconosciamo l’importanza dei luoghi, della storia, degli oggetti, ma se ci propongo di partire appena svegli a vedere una necropolietrusca tendiamo a pensare che ne abbiamo già vista una, anni fa, e a meno che tu non sia un archeologo, vista una viste tutte. Siamo goderecci, un po’ in sovrappeso, amanti dei dolci e dei momenti conviviali, non vi inviteremo mai a giocare una partita di niente se non di carte.
Quando si parla di pigrizia si abbina spesso a parole come "abbandonare" "sconfiggere". Una mia amica dice che soprattutto nelle grandi città siamo vitali, la nostra lentezza e il nostro principio di "massima resa col minimo sforzo" contrasta un po' la frenesia. In campagna fino a quando non ci invitano a zappare la terra, passiamo inosservati.
Al di là di sconfiggerla, io, e in modo vergognosamente autorefernziale, credo che ogni pigro come me dovrebbe cercarsi un socio come il mio. Qualcuno che fresco di doccia e con occhi entusiasti da bambino tiri il nostro carro carico di giustificativi per rimandare.
Oggi mi sono presa una pausa e sono qui da sola sotto la pergola, ma dopo dodici anni di convivenza sono convinta che devo (quasi) sempre rispondere “si, andiamo”, senza pensare, e vedrò panorami, castelli e paesi magici che non avrei mai scoperto, assaggerò cose nuove come la pappa al pomodoro, i piciagliati e tozzetti nel vino, e parlerò con persone che non avrei incontrato e saprò cose come che i pitigliani si mettono il “pisciama” come i toscani ma guardano il “teleggiornale” come i romani. E ogni tanto avrò conferme importanti, come quella che gli gnomi esistono, guardando alla base di un albero all’interno di un’altra necropoli etrusca.