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Scajola e gli 11 processi finiti in nulla

L'hanno assolto e prosciolto da11 accuse, quasi sempre (per usare, una volta tanto a proposito, una frase cui l'hanno spesso inchiodato) a vostra insaputa.

No, non ha mai goduto di buona stampa, Claudio Scajola: ex sindaco di Imperia, per cinque legislature parlamentare del centrodestra e quattro volte ministro, è stato processato per finanziamento illecito, ricettazione, irregolarità edilizia, corruzione. È finito sotto inchiesta perfino per "posizionamento abusivo di telecamera" nella sua casa di Imperia e per "detenzione di atti coperti da segreto": ma si trattava, banalmente, delle sue carte di ministro dell'Interno, che doverosamente conservava.  

Contro di lui, ogni volta, anche l'accusa più sbilenca veniva gridata da giornali e televisioni come fosse verità assoluta. Eppure, quando poi finiva nel nulla, con un'assoluzione o un proscioglimento, si faticava a scovarne la notizia.

È vero che nello scorso maggio Scajola ha visto chiudersi con una prescrizione, ancora prima che l'istruttoria potesse trovare una minima concretezza, un'inchiesta che inopinatamente lo accusava addirittura dell'omicidio (colposo) di Marco Biagi. Ma quell'accusa difficilmente avrebbe avuto una consistenza sufficiente per essere valutata credibile, forse già da un Giudice per l'udienza preliminare. 

Ora Scajola annuncia la sua iscrizione al Partito radicale transazionale: dice di volerlo fare per aiutare il movimento in difficoltà e per condividerne le battaglie per la giustizia.

Nei suoi confronti restano aperti due procedimenti penali. Nel primo è accusato di avere partecipato alla "inosservanza della pena" per un ex deputato di Forza Italia, Amedeo Matacena, condannato per fatti di mafia; nel secondo di avere usufruito di prezzi di favore per i lavori di ristrutturazione della villa di Imperia, come fosse un finanziamento illecito.

Si vedrà. Scajola ora chiede velocità per questi due processi, vuole che gli sia restituita la sua onorabilità, troppo a lungo sospesa. Ha perfettamente ragione. Anche perché nei suoi confronti la gogna mediatico-giudiziaria è stata vergognosa e devastante: ogni volta che le accuse contro di lui evaporavano, quasi contemporaneamente ne partivano altre, da un'altra direzione. Oggi l'ex ministro ha il diritto a tempi processuali corretti: sarebbe almeno un improprio, paradossale risarcimento per le 11 ingiuste accuse che fin qui ha dovuto subire.

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