Sanguisughe di David Albahari: se da uno schiaffo nasce un complotto

Avevamo scoperto David Albahari con Ludwig , uno straordinario apologo sull’odio pubblicato da Zandonai nel 2011. Non era il suo primo romanzo a essere tradotto in Italia. Lo scrittore serbo era già arrivato nelle librerie nostrane con L’esca e Zink , ma Ludwig era stato una rivelazione, uno di quei rari libri da salvare in questi tempi di magre annate letterarie.

Albahari è tornato da qualche mese in libreria con un nuovo romanzo, Sanguisughe , edito sempre da Zandonai e incentrato come il precedente su un monologo ossessivo. Racconta la storia di un giornalista belgradese piuttosto borderline, sempre in bilico tra fallimento e sopravvivenza, che in una domenica come le altre assiste a una scena violenta e apparentemente banale: un uomo dà uno schiaffo a una ragazza. È l’abbrivio di un turbine piuttosto movimentato che finisce col coinvolgere segni cabalistici, apparizioni inquietanti e messaggi metafisici.

Sanguisughe non è un cattivo romanzo, ma non raggiunge la perfidia introspettiva di Ludwig. Resta piuttosto vittima di certe tentazioni di impianto sociale che lo privano della magistrale profondità del romanzo precedente.

Ciononostante Albahari si conferma come una delle più autentiche voci della narrativa europea contemporanea, quasi un patrimonio da incoraggiare e tutelare lontano dalle campagne garrule di certi exploit editoriali.

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