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La ricostruzione di Gaza: il dramma delle famiglie

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Le macerie a Gaza City
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Rovine a Gaza City
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La casa di Suleiman, nella periferia di Gaza completamente distrutta dai bombardamenti sulla Striscia.
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La distruzione di Gaza City
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La casa di Suleiman, nella periferia di Gaza completamente distrutta dai bombardamenti sulla Striscia. Con sua moglie e i nove figli è rimasto senza un tetto. Ha così costruito una piccola stanza con una cucinae un bagno con i resti dell'esplosione
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Bambini ai piedi della loro casa distrutta dai bombardamenti
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Rovine a Gaza City

Senza la fine del blocco israeliano a Gaza ci vorrà oltre un secolo per completare la ricostruzione di case, scuole e ospedali. La situazione in cui versano gli 1,8 milioni di persone che vivono nella Striscia, a causa delle carenze e progressive riduzioni delle quantità di materiali da costruzione in entrata a Gaza, è drammatica. La denuncia Oxfam in un suo rapporto, base di un appello alla comunità internazionale per attivarsi con urgenza. A farne le spese sono le circa 100.000 persone, di cui la metà bambini, che ancora sono costrette a vivere in rifugi e sistemazioni temporanee, mentre decine di migliaia di famiglie vivono in abitazioni gravemente danneggiate dai bombardamenti della scorsa estate.  

Con meno dello 0,25% del materiale da costruzione essenziale arrivato a Gaza negli ultimi tre mesi, il processo di ricostruzione si è praticamente fermato. Secondo quanto riportato dalle organizzazioni umanitarie che lavorano nella regione, sono necessari oltre 800.000 carichi di camion di materiale da costruzione per rimettere in piedi case, scuole, ospedali e altre infrastrutture distrutte durante i ripetuti conflitti e gli anni di blocco. A gennaio, solamente 579 camion sono entrati a Gaza, ancora meno dei già pochi (795) entrati a dicembre.

“Solo con la fine del blocco di Gaza sarà possibile permettere alla popolazione di ricostruire la propria vita – spiega Umiliana Grifoni, responsabile Ufficio Mediterraneo e Medioriente di Oxfam Italia -. Le famiglie vivono da sei mesi in case senza soffitti, pareti o finestre. Molte abitazioni hanno solo sei ore di elettricità al giorno e non hanno acqua corrente. Ogni giorno che passa senza che abbia inizio la ricostruzione, aumentano i rischi per la vita stessa delle persone. E’ inaccettabile che la comunità internazionale abbandoni la popolazione di Gaza nel momento di maggior bisogno”.

Nessun progresso si registra a livello diplomatico; a differenza di quanto previsto dopo il cessate il fuoco, infatti, non si registrano passi avanti nei negoziati per trovare una soluzione a lungo termine alla crisi di Gaza.

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