Giovanni De Santi
Ufficio Stampa Istituto per l’Energia ed il Trasporto del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea di Ispra
Economia

Qui si scopre quanto consuma davvero la tua auto

L’eco del "dieselgate" non si è ancora spento e Giovanni De Santi, direttore dell’Istituto per l’Energia ed il Trasporto del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea di Ispra, sul lago Maggiore, pensa già alle prossime sfide scientifiche che dovranno essere affrontate dalla ricerca per garantire la sicurezza e la sostenibilità dei veicoli del futuro: "Lo sa che un’auto elettrica , con tutte quelle batterie a bordo e per l’intensità delle correnti in gioco, può creare un forte campo magnetico e generare intense emissioni elettromagnetiche? Che succederà quando decine, centinaia di queste vetture viaggeranno sulle strade di un mondo sempre più interconnesso magari insieme a veicoli senza conducente completamente automatizzati? Come interferiranno con le nuove automobili altri campi magnetici generati da fonti esterne? Quale l'impatto sulla salute?". De Santi parla con l’entusiasmo di un ragazzo in un’enorme stanza ricoperta di pannelli quadrati, un laboratorio che non ha uguali in Europa costruito appunto per misurare i campi magnetici delle auto ibride ed elettriche con tanto di piattaforma rotante nascosta sotto terra. Fantascienza vista lago.

De Santi, 59 anni, un ingegnere alto e asciutto, guida con orgoglio un’eccellenza mondiale nel campo della misurazione dell’impatto ambientale e dell’efficienza energetica. Uno di quei gioielli che l’Italia non sa di avere: l’Istituto per l’Energia ed il Trasporto (IET) si trova all’interno del JRC di Ispra, un’enorme campus di laboratori e centri di ricerca che occupa quasi 170 ettari, un terzo del territorio del comune lombardo. Il JRC appartiene alla Commissione Europea ed è formato da 138 edifici in cui lavorano 1.850 dipendenti e collaboratori. Con i suoi studi sulle più svariate tecnologie, dal nucleare all’ecologia, il Centro fornisce supporto scientifico a Bruxelles.

Prova su strada

All’interno del JRC di Ispra, dal 2000 opera il laboratorio per le emissioni da veicoli (VELA) che appartiene appunto all’IET guidato da De Santi (con una seconda sede in Olanda): fu creato per fornire all’Europa dei dati indipendenti sui consumi e le emissioni di moto, auto e camion. Partito con un laboratorio, ora ne conta ben nove e ha circa un centinaio di  dipendenti. Qui è stato messo a punto il test adottato in tutta Europa per omologare le nuove vetture (quindi stabilire se rispettano le varie normative Euro). Qui è stato definito lo standard dei filtri anti-particolato che, dopo una dura battaglia con i costruttori europei, sono ora montati su tutte le auto diesel. E sempre in questo Istituto, grazie al lavoro dei suoi  tecnici ormai noti a tutta la comunità scientifica internazionale, sono emersi nel tempo i limiti del vecchio test di omologazione (condizioni troppo lontane rispetto alla guida reale e di conseguenza dati sui consumi poco affidabili) ed è stata messa a punto la nuova metodologia che entrerà in vigore il prossimo anno: la WLTP (procedura di prova armonizzata a livello mondiale per veicoli commerciali leggeri) e la RDE (procedura di prova delle emissioni reali di guida) che dovrebbero finalmente dirci quanto consuma e quanto inquina effettivamente un’auto.

"A differenza del test precedente" spiega De Santi mentre indica un monitor piazzato davanti ad una Volkswagen Golf, "il WLTP è più dinamico: dura 30 minuti ed è suddiviso in quattro parti con una fitta serie di accelerazioni e decelerazioni che simulano la guida in città, extraurbana e in autostrada". Ma la vera novità è l’altro test, l’RDE: una verifica delle emissioni inquinanti fatta su strada. Domanda: come si fa a condurre delle verifiche omogenee guidando in condizioni di traffico e meteo che ogni giorno possono essere molto diverse? "Dal 2006 abbiamo iniziato ad usare una nuova strumentazione che prima non era disponibile" risponde De Santi. "Una strumentazione che mette insieme elettronica, informatica e analisi chimica e che può essere montata a bordo di un veicolo. Il test può durare anche più di tre ore e l’auto va guidata in città, in campagna e in autostrada".

Questa apparecchiatura, grande più o meno come due personal computer, dovrà essere adottata dai centri che nei vari Pesi europei si occupano di omologazione dei veicoli. Il risultato è che, con un test più severo e una verifica su strada, probabilmente i veicoli che arriveranno sul mercato nel prossimo futuro avranno consumi dichiarati nettamente più alti rispetto al passato. "Di quanto esattamente non si può dire" mette le mani avanti De Santi. "Però è vero che quando abbiamo iniziato a fare i controlli su strada, abbiamo scoperto che mediamente i consumi erano il 20 per cento più alti rispetto ai risultati dei test ufficiali".

Ed è proprio grazie a questi controlli che si è accesa la miccia del caso Volkswagen,  con la casa tedesca pizzicata dalle autorità americane a truccare i motori diesel per superare i test sul biossido d’azoto. La storia è questa: l’Istituto guidato da De Santi venne incaricato di condurre una ricerca sull’inquinamento in Lombardia. Dall’indagine venne fuori un dato sconcertante: le emissioni inquinanti dei veicoli erano più alte di quanto era logico aspettarsi in base al numero e alla tipologia di mezzi che circolavano per strada. Di qui l’avvio di uno studio, condotto tra il 2009 e il 2011, da un gruppo di specialisti JRC guidati da Martin Weiss e Pierre Bonnel, per verificare se le emissioni di gas, in particolare quelle di azoto, in condizioni di guida reale eccedevano i limiti di legge. Sono stati presi in esame 12 veicoli diversi, guidati lungo quattro itinerari: da Milano a Ispra lungo l’autostrada, da Ispra a Varese per le strade provinciali, da Ispra al Sacro Monte (località montana nel Varesotto) e infine in un percorso misto sul lago Maggiore. Alla fine il verdetto fu impietoso: "I risultati delle misurazioni delle emissioni eseguite con i sistemi portatili (PEMS) indicano che l’ossido di azoto (NOx) emesso dai motori diesel sostanzialmente eccede i rispettivi limiti per i motori euro 3-5. Il superamento oscilla da 2-4 volte fino a punte di 14". Proprio questo studio del 2011 ha stuzzicato la curiosità degli esperti che cercavano di capire come mai le emissioni di biossido di azoto delle Volkswagen negli Usa fossero così diverse rispetto a quelle rilevate in Europa. Questa è anche la prova che i nuovi test adottati in Europa non sono una conseguenza dello scandalo del dieselgate, ma nascono molto prima: il laboratorio di Ispra ha iniziato a lavorare al WLTP cinque anni fa. La metodologia è stata approvata dagli organismi Onu di Ginevra due anni fa e un anno dopo ha ottenuto il via libera dalla Commissione Europea.

Reti elettriche

Martedì 23 febbraio un esperto dell’Istituto guidato da De Santi ha illustrato alcuni dettagli della nuova metodologia al Parlamento europeo, che il 2 febbraio ha dato il via libera ai nuovi limiti sulle emissioni dei veicoli in condizioni di guida reale (Rde). Limiti più laschi rispetto a quelli applicabili in laboratorio che hanno provocato le proteste degli ambientalisti, ma che, secondo la Commissione Europea, sono giustificati dalla necessità di verificare il funzionamento dei nuovi dispositivi portatili di misurazione messi a punto proprio a Ispra. Ma De Santi guarda già al futuro: nell’ottobre del 2015 è stato inaugurato il laboratorio dedicato alle vetture elettriche e alle reti intelligenti. "Oltre ai potenziali problemi legati ai campi magnetici" ricorda l’ingegnere "dobbiamo studiare gli effetti di una motorizzazione elettrica di massa sulle reti elettriche. Saranno in grado di reggere la ricarica di milioni di vetture? E a che prezzo?" Problemi apparentemente lontani, ma che nei laboratori di Ispra sono già maledettamente vicini.

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