Prezzi di cibo e bevande: le differenze in Europa

L'Europa deve fare ancora giganteschi passi in avanti se vuole davvero creare una unione economica e non solo politica. Il fatto di adottare una moneta comune, infatti, lima le differenze solo in minima parte e, in assenza di profondissime riforme strutturali (che sembrano addirittura impossibili) lascia intatta la struttura economica di ogni singolo Paese. Questo grafico dimostra che le discrasie nell'eurozona non riguardano solo la competitività delle imprese o lo stato dei conti pubblici ma anche il costo di fare la spesa quotidiana.

L’Eurostat ha rilevato il prezzo di cibo, bevande (alcolici esclusi) e tabacco nei vari Paesi europei prendendo in considerazione 500 prodotti comparabili compresi, per esempio, il pane, i cereali, il vino, la carne, il pesce, ecc. ecc. Il risultato è che nei Paesi aderenti all’euro le differenze sono piuttosto pronunciate. Fatta 100 la media europea, risulta che il Paese più economico è la Slovacchia e il più costoso è l’Austria, separati da ben 33 punti di differenza. L’Italia si trova nella parte alta della classifica: con 11 punti in più della media europea, i prodotti alimentari costano da noi poco più di quanto costano in Belgio e poco meno che in Lussemburgo, ma più che in Francia e Germania.

In effetti la posizione dell'Italia è singolare. Un Paese che ha un settore agricolo così sviluppato dovrebbe avere prezzi del cibo e delle bevande più bassi data l’alta offerta. Invece li ha simili a quelli del Lussemburgo, Paese importatore, e del Belgio, la cui economia è più industriale che agricola. Siccome la ricerca Eurostat riguarda il prezzi finali dei prodotti, questi potrebbero essere influenzati da una struttura commerciale basata in molti casi su negozi e non ipermercati e da un sistema distributivo che si è sviluppato attorno al costoso trasporto su gomma a sua volta articolato in una miriade di piccole e piccolissime imprese invece che su grandi strutture multinazionali.

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