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Pochi voti, ma ottimi contributi

Si moltiplicano le donazioni dei privati ai partiti. E a fare la parte del leone nella raccolta sono due «piccoli»: Italia viva e azione…


«Un inizio stre-pi-to-so» trilla Matteo. «Gambe in spalle e pedalare» sorvola Carlo. Volevano rifare il centrosinistra e cacciare i sovranisti, ma il magro bottino alle elezioni regionali li costringe a lottare per la sopravvivenza. Renzi e Calenda sono solo l’ultimo esempio di annunciate scissioni termonucleari diventate esperimenti da piccolo chimico. Italia viva è moribonda. E Azione rischia l’inerzia perpetua. Urne vuote, ma casse piene. Perché le creature degli aspiranti liberal d’Italia, a dispetto del modesto seguito elettorale, sono le più finanziate della Penisola.

Gli ultimi dati pubblicati dal Parlamento raccolgono le donazioni «a partiti e movimenti politici iscritti nel registro nazionale». Quelle, insomma, che la Spazzacorrotti impone di pubblicare: dai 500 ai 100 mila euro, il massimo previsto dalla legge. Si apprende dunque che, tra gennaio 2019 e oggi, le due sigle riformiste hanno fatto man bassa dei contributi che sostituiscono il defunto finanziamento pubblico.

E gli altri, ben più votati, antagonisti? Si arrangiano come possono. Ovvero, imponendo agli eletti una gabella mensile. Esigentissima la Lega: 3 mila euro. Segue Articolo 1: 2 mila euro. La stessa cifra che sono costretti a versare i pentastellati. Il Pd esige un tributo di 1.500 euro. Fratelli d’Italia ne chiede mille. I vertici forzisti ancora meno: 900. Inferiori, e spesso sporadici, sono invece gli oboli dei consiglieri regionali.

Transparency international Italia calcola che, l’anno scorso, i partiti hanno incassato oltre 27 milioni di euro di donazioni. Il 73 per cento, però, è arrivato dai parlamentari. Così il taglio dei seggi approvato con il referendum, stima l’associazione, ridurrà le entrate di oltre il 30 per cento per tutti. O quasi. L’assillo difatti non sembra tormentare Azione, che conta appena su un paio di fuoriusciti. Ma nemmeno Italia viva. Deputati e senatori ne ha fin troppi rispetto ai voti, ma il dazio è modesto: 500 euro. In compenso il partito di Matteo Renzi, nato un anno fa, vanta decine di sostanziose «erogazioni liberali». Solo a luglio e agosto 2020, esclusi i micro versamenti, ha raccolto quasi 160 mila euro: di cui 100 mila dai privati. Per capire quanto l’ex Rottamatore sia baciato dalla fortuna, basta il paragone con l’odiato Matteo Salvini: l’anno scorso, il 91 per cento delle donazioni alla Lega veniva dai parlamentari.

L’ex premier, invece, attrae danari come una calamita. A partire dal comitato Ritorno al futuro, progenitore di Italia viva. Nella scoppiettante estate del 2019 il più munifico è Daniele Ferrero, patron dell’industria dolciaria Venchi: stacca un assegno da 100 mila euro. Davide Serra, capo del fondo d’investimento inglese Algebris, ne bonifica pochi meno: 90 mila. Il finanziere, anche nei mesi successivi, non si tira indietro: fino ad arrivare, ora, a un totale di quasi 140 mila euro. Ma c’è persino chi ha fatto meglio: il manager Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli. Resta suo l’inamovibile gagliardetto: aver contribuito per primo alla causa scissionista, il 13 giugno 2019. «Non è né la prima né l’ultima volta che lo farò» annuncia al Foglio. È stato di parola. L’ultimo invio è del 5 agosto 2020: 30 mila euro. Totale: 195 mila euro in 14 mesi, quasi il massimo consentito dalla legge. Cifra che fa del nipote dell’Avvocato il più generoso mecenate della politica italiana negli ultimi tempi.

È invece dell’8 luglio scorso la donazione di 20 mila euro di Neos, la compagnia aerea charter controllata da Alpitour. Rattazzi è il presidente del consiglio d’amministrazione. Fu proprio lui, mentre divampava il Covid, a scrivere al premier Giuseppe Conte. Un accorato appello: bisogna estendere pure ai vettori privati gli aiuti riservati ad Alitalia. La richiesta viene reiterata in diversi emendamenti presentati in Parlamento: li firmano Italia viva, Cinque stelle, Lega e Pd. Il pressing in aula funziona. A Neos, Air Dolomiti e Luke Air, per ripartire dopo i tre mesi di lockdown, lo scorso maggio vengono riconosciuti 130 milioni di euro a fondo perduto. Ma la compagnia guidata da Rattazzi, nello stesso periodo, riesce anche ad aggiudicarsi l’appalto per il trasporto delle mascherine voluta da Domenico Arcuri, commissario all’emergenza coronavirus. Gara da svolgersi, annuncia il bando, con «estrema urgenza». Il servizio va assolutamente attivato «entro l’11 maggio 2020».

Si candidano cinque aziende. La prescelta è Neos. Seconda arriva invece la società milanese Jas in collaborazione con Alitalia, che presenta un ricorso al Tar del Lazio: «Gara illegittima». L’offerta di Neos sarebbe solo apparentemente più vantaggiosa. Stentorea replica: «Tutto regolare».

Proprio Serra e Rattazzi sono gli ultimi trait d’union rimasti tra Renzi e Calenda. Il finanziere ha donato difatti 5 mila euro pure ad Azione. Peanuts, noccioline. Ma simboliche, visto l’irrefrenabile antagonismo tra Matteo e Carlo. E anche il manager, con speculare minor slancio, ha aiutato Siamo europei, il comitato che ha anticipato la nascita del partito. Trentamila euro.

Ma tra i benefattori dell’ex ministro dello Sviluppo economico ci sono imprenditori ben più munifici: alcuni veleggiano ai primi posti nella classifica dei ricchissimi d’Italia. Del resto, nei primi sei mesi del 2020, Azione è stato il movimento che ha raccolto di più: 362 mila euro. Soldi che vanno ad aggiungersi al milione del 2019.

L’ultimo bonifico è del 30 giugno: 100 mila euro. Viene inviato dalla Fondazione Giovanni Arvedi, famiglia cremonese che controlla un impero siderurgico. Uguale importo era già arrivato, a novembre 2019, da Alberto Bombassei, ex onorevole di Scelta civica e patron della Brembo, società bergamasca di impianti frenanti. Gianfelice Rocca, presidente della multinazionale Techint, ne ha versati invece 80 mila. Come Maire Tecnimont, azienda di ingegneristica da oltre 3 miliardi di fatturato.

Ma in lista ci sono tanti altri bellissimi nomi. Pier Luigi Loro Piana, re del cachemire: 31 mila euro. Domenico Bosatelli, fondatore della Gewiss, attiva nella domotica: 30 mila euro. L’ex presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi: 25 mila euro. Luciano Cimmino, inventore del brand dell’intimo Yamamay: 23 mila euro. Carlo Pontecorvo, alla guida di Ferrarelle: 20 mila euro. Luca Garavoglia, presidente di Campari: 15 mila euro. Adolfo Guzzini, a capo dell’omonimo gruppo dell’illuminazione: 10 mila euro. Simbolico, invece, il contributo di Carlo Pesenti di Italmobiliare: mille euro. E un aiuto è arrivato persino dal produttore Pietro Valsecchi: 10 mila euro. D’altronde la cinematografia scorre nel sangue del capo partito, figlio della regista Cristina Comencini. Ma non è che poi questo eterogeneo plotone di altruisti finirà per influenzare Azione? «E in cosa?» rilancia Calenda in un’intervista a Panorama. «Sono imprenditori che investono ed esportano. Pagano le tasse e vorrebbero un Paese più efficiente». Insomma: «Persone che si sono stancate di lamentarsi senza far nulla per cambiare l’Italia».

Ammirevole. A maggior ragione, viste le sparute truppe parlamentari e le percentuali residuali dei sondaggi. Certo, il suo ruolo da ex ministro e il passato in Confindustria l’avrà avvantaggiato nel crowdfunding. E lui stesso crede così tanto nella missione da aver girato al partito oltre 86 mila euro: meglio di lui fa soltanto un’altra leader, Emma Bonino, che ne ha girati a +Europa circa 100 mila. Ma gli ex radicali, con cui Azione forma un’intermittente e resistibile alleanza elettorale, contano quasi esclusivamente sui prodighi militanti. Mentre la lotta dura e senza paura di Calenda al sovranismo ha conquistato il cuore dei capitani d’azienda. Tanto da aver convinto a contribuire Cremonini, gigante italiano della carne e proprietario di Chef Express e Roadhouse: 10 mila euro, inviati lo scorso marzo.

La stessa cifra che, durante il governo gialloverde, l’azienda aveva dato alla Lega. Adesso, invece, le casse del Carroccio vengono rimpinguate quasi esclusivamente da deputati e senatori. Negli ultimi mesi, l’unico apporto di rilievo è quello di Vaporart, che produce liquidi per sigarette elettroniche: 20 mila euro. Robetta, se raffrontata alla generosità dell’imprenditoria per Italia viva e Azione. Eppure la Lega è in cima ai sondaggi. Ma anche Fratelli d’Italia si deve accontentare di piccoli contributi di qualche associazione di categoria.

Discorso differente per il partito azienda di Silvio Berlusconi. Il passivo è arrivato a 100 milioni di euro: debiti, pignoramenti, creditori… E la generosità del Cavaliere e famiglia serve ormai a poco. La Fininvest dona 100 mila euro all’anno, il massimo consentito. E lo stesso fa il fratello, Paolo. Mentre il tesoriere, Alfredo Messina, ha tirato fuori oltre 70 mila euro.

Ma il futuro è nero per quasi tutti i partiti. A partire dalla prossima legislatura, con la sforbiciata dei seggi è destinato a diventare sempre più determinante il contributo dei privati. Che, ogni anno, decidono di finanziare pure assai meno conosciuti movimenti con finalità politiche. Come il Centro di iniziativa antiproibizionista. O la Fondazione Democrazia cristiana, già intitolata al pluriministro avellinese Fiorentino Sullo, a cui la Cremonini ha devoluto altri 10 mila euro. Per restare nella stessa compianta area scudocrociata, c’è anche la Fondazione De Gasperi guidata da Angelino Alfano, già leader dell’estinto Nuovo centrodestra. L’ex delfino del Cavaliere ha abbandonato la politica per dedicarsi a una fortunata carriera da manager. Adesso guida la holding ospedaliera San Donato.

Eppure sembra che il suo glorioso passato non smetta di affascinare. I fini culturali della fondazione intitolata al padre della Dc attraggono più dei partitoni. Contribuiscono banche, fondazioni, associazioni. E poi la Federazione italiana tabacchi, il Consiglio nazionale del notariato, Confcommercio e Federfarma. Insomma, solo nel 2019 sono stati raccolti oltre 130 mila euro. Tra gli ultimi benefattori, seppur con mille euro, c’è pure tale Montante Calogero. Sarà mica quell’Antonello, ex presidente siciliano di Confindustria condannato per associazione mafiosa?

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