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La Uefa studia una stretta sulle plusvalenze nei bilanci dei club (Ansa)

Calcio

Guerra Uefa alle plusvalenze, ecco i conti della Serie A

La stretta che la Uefa studia di imporre alle plusvalenze (non un divieto ma una forma di controllo), rischia di avere una pesante ricaduta sui bilanci delle squadre italiane che nelle ultime stagioni si sono servite di questa leva per tenere in equilibrio i bilanci, rispettare i parametri del fair play finanziario e ricavare soldi da reinvestire in nuovi progetti sportivi. Attenzione: Nyon non immagina di vietare la loro iscrizione contabile e nemmeno si considerarle operazioni fittizie (per quelle basta intervenire con le norme legislative di ciascun paese). Si tratta di un riordino in una materia che è esplosa negli ultimi anni non solo in Italia e che ha bisogno di essere regolata perché non diventi una pericolosa scorciatoia per sistemare temporaneamente bilanci in sofferenza senza interventi strutturali che li rendano sostenibili sul lungo periodo.

La premessa ulteriore è che il tema delle plusvalenze è materia scivolosa, come testimoniato anche dall'esito delle vicende giudiziarie italiane del passato. Come si può valutare se il valore dato a un calciatore che viene scambiato con un'altra società è corretto o gonfiato? Alcuni casi sembrano clamorosi, ma davanti a un tribunale ordinario non hanno retto. E allo stesso modo andrà pesato il diritto alla plusvalenza di campionati e sistemi nati per produrre giovani, valorizzarli e rivenderli ed altri (è il caso delle top leghe europee) che, invece, nella catena economica del calcio del Vecchio Continente hanno la parte del compratore.

SERIE A, BOOM PLUSVALENZE - Fatte le premesse, ecco che si arriva alla situazione italiana che deve far riflettere. Gli ultimi dati ufficiali certificati (Report Calcio 2020 della Figc) fanno riferimento alla stagione 2017-2018 e disegnano un quadro di esplosione prolungata dell'utilizzo della leva delle plusvalenze per i club della Serie A. Siamo arrivati a 713 milioni di euro (777 considerando anche Serie B e Serie C) con una crescita del 2,8% rispetto all'anno precedente (693 milioni di euro) ma soprattutto un'impennata dell'89% sul 2015-2016 quando il conto si era fermato a 376 milioni.

In due stagioni, insomma, il totale delle plusvalenze è raddoppiato e il peso sui bilanci dei club di Serie A è salito dal 16% al 23%. Una soglia ben oltre il fisiologico. Nel 2018-2019, dato non ancora certificato, l'asticella è salita a 717 milioni di euro di cui un terzo prodotto solo da due club: Juventus e Roma. Perché l'altro dato incontrovertibile è che a ricorrere sempre più a questa leva sono i grandi club, quelli che poi si affacciano alle competizioni europee. Il ricavo medio per società nel gruppo delle prime 3 del nostro campionato è stato nel 2017-2018 di 62 milioni contro i 49 dell'area dal 4° al 7° posto e i soli 2 delle retrocesse in Serie B.

IL CONFRONTO CON IL RESTO D'EUROPA - La Serie A si è abituata a prendere sul mercato, spesso con scambi, le risorse che servono per rispettare i paletti del fair play finanziario. E a lavorare sul mercato pensando a vendere oltre che ad acquistare. Rispetto a Premier League (5%), Bundesliga e Liga (circa il 25%) il nostro campionato produce il 45% di club che a fine anno possono presentare un conto in utile alla voce player trading. Solo la Ligue1 francese è come noi tra i pesi massimi d'Europa, mentre il dato ci pone più vicini alle realtà di secondo piano. Quelle che col mercato vivono da sempre, crescono giovani e poi li rivendono.

Si va dal Portogallo (56%) alla Russia (53%) fino ad arrivare ai sistemi che storicamente sono percepiti come di passaggio: Olanda (72%) e Scozia (75%). E' probabile che il processo di intervento della Uefa tenga conto di tutte le specificità e necessiti di mesi prima di tradursi in una norma scritta. Il campanello d'allarme per la Serie A, però, è suonato: serve inventarsi in fretta un altro modo per rinforzare i bilanci. Quello migliore sarebbe investire in infrastrutture, ma ci vogliono anni. Se ci si riesce.

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