Allegri e Pirlo, nuovo gelo?

Un primo tempo col vento in poppa, convincente e arrembante, colmo di qualità e quantità. Il primo gol di Carlos Tevez prende forma da un'intuizione tutta sua trasformata in assist da Fernando Llorente. La Juve gira che è un piacere. Allegri applaude, Benitez affonda. Al ritorno dagli spogliatoi, il Napoli scrive un'altra storia. Stringe e spinge, avanza e colpisce, costringendo la formazione bianconera a serrare le file per limitare gli assalti. Fa il suo anche lui, Andrea Pirlo, ma più per contenere che per ribattere. Soffre come Vidal le fiammate di Higuain e compagni, vicinissimi alla rete del pareggio in almeno due occasioni. Allegri sente puzza di bruciato e fa la mossa: fuori Pirlo, dentro Pereyra. Pirlo non la prende benissimo. Esce dal campo evitando con un dribbling il sorriso del tecnico, quindi prende a calci una bottiglietta e infine getta a terra la giacca della tuta. Male male male. Tempo una manciata di secondi e Higuain confeziona lo sgambetto alla Signora. In panchina, Pirlo pare una tigre in gabbia: vorrebbe, ma non può.

A fine partita, Allegri spiega così le ragioni della sostituzione: "I giocatori possono arrabbiarsi, ma io devo fare le mie scelte. In quel momento stavamo soffrendo, così ho deciso di togliere lui per avere più copertura con Marchisio, e di lasciare in campo Vidal". Col senno di poi, facile intuire che Pirlo avrebbe potuto rappresentare un valore aggiunto per la Juve anche e soprattutto nel valzer dei rigori. Meglio di lui dagli undici metri, pochissimi al mondo, lo dice la tradizione. Max da Livorno sposta l'attenzione altrove: "I rigori sono sempre una lotteria. Se prendi gol a due minuti dalla fine è un segno del destino". Destino che ha deciso di consegnare la Supercoppa italiana alla truppa del presidente De Laurentiis e un carico grande così di mugugni al gruppo bianconero. Pirlo in testa, si intende, arrabbiato e non poco per un cambio che ha incassato come un dito nell'occhio. Che sia la fase 1 di un nuovo scontro tra il centrocampista lombardo e il tecnico toscano?

"Un pesce quando il mare è profondo respira, se lo spostano sotto il pelo dell'acqua si arrangia, ma non è la stessa cosa", raccontò nella sua autobiografia ("Penso quindi gioco") il Pirlo deluso e amareggiato per il divorzio dal Milan. I fatti sono noti. Al rientro dopo un lungo infortunio, Allegri, che allora guidava il diavolo, gli ritaglia su misura un posto nella zona sinistra del campo. L'allenatore vuole un corazziere davanti alla difesa, non un fine dicitore. Da qui, il primo grande strappo, che diventa buco grande e incolmabile al momento di rinnovare il contratto, storia del maggio 2011. Pirlo chiede tre anni, Galliani dice uno con l'avallo di Allegri. Fine della discussione, arrivederci e grazie. Il genio della lampada bresciano lascia il Milan e si accasa a costo zero alla Juventus per dare forma e sostanza al rilancio in grande stile della Signora. Esulta a Torino a strisce, piange la Milano in rossonero. Tra i due inizia una guerra fredda che rischia di scaldarsi quando si consuma il divorzio tra Antonio Conte e il club bianconero. La Juve sceglie Allegri e Pirlo prende la rincorsa. Poi, i fatti. Che dimostrano che la saggezza prevale sull'istinto. Con Allegri al timone e Pirlo a premere pulsanti nella sala macchine, la portaerei piemontese raccoglie applausi fuori e dentro l'Italia. Tutto è bene ciò che finisce bene, dicono dagli spalti. Fino all'episodio di ieri sera in quel di Doha, denso di sfumature ancora tutte da interpretare. Per Allegri, nulla da segnalare. Per Pirlo, chissà.

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