Philip Seymour Hoffman: Dio è morto

Era il più grande di tutti.
Sì, d’accordo. Prossima frase?
Era il più grande di tutti.

Un colpo. Ad andarsene è il primo grande tra i giovani, quarantasei anni appena, da noi l’età di un rottamatore. Grande veramente. Uno della stazza dei De Niro, degli Hoffman (quell’altro), anche se solo lui recitava come recitava, quel suo equilibrio miracoloso tra naturalismo e metodo, e infatti era insieme caratterista e lead perfetto, mai una cosa di troppo, la maniera appena sfiorata, mi piace pensare che non ci sarebbe caduto neanche a settant’anni, ma se penso a quello che avrebbe potuto fare a settant’anni piango, di nuovo.

La stazza, ecco. Il corpo e il talento, non si può dire quale cosa contenesse l’altra. Immenso – l’ha già detto qualcuno?
Era ciccione? No: era Dio.
E ora, tra tutte le cose belle e brutte che puoi pensare di Dio, gli daresti del ciccione?

I primi tre film che mi vengono in mente, non richiesti: Onora il padre e la madre di Sidney Lumet, La guerra di Charlie Wilson di Mike Nichols, … E alla fine arriva Polly di John Hamburg.

Riposa nella pace che ti sei dato. (Io so che c’è un paradiso, per i fighi come te.)

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