Perugina, i padri lavorano meno per far assumere i figli

Accetteresti di lavorare meno pur di lasciare il posto di lavoro a tuo figlio? Eccoci. Nel paese dove ormai i contratti a tempo determinato sono due su 10 siamo alla domanda cruciale.

La strana proposta è stata fatta su base volontaria ai dipendenti dello stabilimento di Perugia della Nestlé, quello da cui ogni anno escono 30mila tonnellate di cioccolato e di “Baci Perugina”. Facile ipotizzare il successo dell’idea, che dopo aver testato i risultati nella verde Umbria potrebbe facilmente essere esteso agli uffici o forse anche ad altre divisioni.

Il nome della nuova contrattazione sottoposta alla valutazione dei sindacati prende il suggestivo nome di “patto generazionale”: ovvero la soluzione a tutti i mali. Trovare un nuovo ruolo agli over 50, inserire i giovani risparmiando sui contributi applicando loro l’apprendistato ed aumentare la competitività. Funzionerà? Forse, per chi ha figli e per chi ha genitori alla Nestlé.

“L’idea è questa” spiega Gianluigi Toia, responsabile delle relazioni sindacali. “Chiedere la disponibilità a tagliare le ore di lavoro del 25 per cento, scendendo da 40 a 30 (quindi un part time) in cambio dell’assunzione del figlio come apprendista part time a tempo indeterminato. Il motivo? Abbiamo bisogno di nuove forze e di nuovi entusiasmi, ma l’allungamento dell’età pensionabile non ci aiuta. Così abbiamo cercato di far quadrare il cerchio, di cercare nuove opportunità all’interno della nostra realtà”.

A settembre potrebbero partire i primi contratti. Che andrebbero a potenziare ulteriormente l’accordo aziendale sulla flessibilità dell’orario di lavoro e a far risparmiare contributi e tasse (il carico sui contratti di apprendistato è soltanto del 10 per cento) “Su un parco di 700 dipendenti di età media attorno ai 50 anni, cui si aggiungono un centinaio di stagionali, l’impatto non sarebbe irrilevante. Certo, dobbiamo ancora capire quanti accetteranno la nostra proposta, ma noi siamo fiduciosi”.

Alla Perugina la produzione si concentra su alcuni mesi particolari, seguendo insomma la “stagione” del cioccolato, ma la retribuzione dei dipendenti è sempre distribuita sui 12 mesi dell’anno. Lo stabilimento lavora generalmente su tre turni, cercando nei periodi giusti di massimizzare il lavoro. “E’ chiaro che l’aumento dell’età dei dipendenti non favorisce l’aumento della produttività e della competitività.

Piuttosto crescono il rischio di incidenti e le difficoltà di turnazione. Una soluzione dunque, andava trovata” continua Toia “Adesso aspettiamo le reazioni”. Considerando che la multinazionale svizzera è leader mondiale nel settore della nutrizione e che Nestlé Italia si presenta con 1,300 milioni di fatturato e  3500 dipendenti distribuiti su 7 stabilimenti, il risultato del test non va sottovalutato.

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