Perché deve restare in carcere un ultrasettantenne accusato di truffa aggravata?

Francesco Bellavista Caltagirone (Credits: Alessandro Paris/Lapresse)

Di Annalisa Chirico

Perché deve restare in carcere un uomo ultrasettantenne accusato di truffa aggravata? L’accento va posto sulla parola “accusato” perché lui è soltanto accusato, non c’è condanna ma un’inchiesta.

Un’inchiesta che deve fare il suo corso, la giustizia ha i suoi tempi (elefantiacamente lunghi in Italia, siamo d’accordo). Ma quali sarebbero le supreme esigenze cautelari che giustificano la detenzione preventiva se l’accusa si chiama “truffa aggravata”?

A questi interrogativi se ne aggiungono poi altri. Perché non gli è stata risparmiata l’umiliazione della ripresa fotografica in manette? Come si spiega la stravagante coincidenza per cui al momento dell’arresto, avvenuto durante un incontro tra lui e il sindaco, davanti al palazzo erano assiepate truppe di fotografi e teleoperatori?

Mortificazione esemplare. Perché il primo interrogatorio lungo tre ore è avvenuto dopo cinque, dico cinque giorni di segregazione senza dargli neppure la possibilità di conferire con l’avvocato?
Non ricopre più alcuna carica societaria. E’ nel suo diritto difendersi nel processo, e solo il processo stabilità se è colpevole o innocente. Ma non è questo il punto. Come lui ci sono migliaia di detenuti, il 43% della popolazione carceraria italiana dietro le sbarre da presunti innocenti.

Lo dice la Costituzione che sono presunti innocenti, e il Codice di procedura penale prescrive di ricorrere al carcere senza condanna soltanto in via residuale ed eccezionale “quando ogni altra misura risulti inadeguata”. Ecco, perché per lui non vengono disposti, per esempio, gli arresti domiciliari? Si può tenere sotto controllo senza torturare, a meno che, s’intende, lo scopo non sia segnatamente quello di torturare per estorcere e fiaccare.

Ah, scordavo, il nome del detenuto speciale è Francesco Bellavista Caltagirone. Tenete a bada gli spiriti animali.

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