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Per il dopo Formigoni Cl scommette su Mauro


C’è un solo politico che il premier Mario Monti ha citato dal palco del Meeting di Rimini: l’europarlamentare Mario Mauro. Una citazione che qualcuno, nel magmatico movimento di Cl, ha accolto con un travaso di bile e qualcun altro come l’annuncio di una nuova leadership. Sì, perché il 33mo Meeting di Cl è stato a suo modo storico: ha segnato la fine del «pensiero unico» nel movimento fondato da don Luigi Giussani.

A dividere i ciellini ha pensato Roberto Formigoni, col suo «one man show» riminese in cui ha detto che il Papa prega per lui. Un’arringa che non è piaciuta al presidente della Fondazione per la sussidiarietà, Giorgio Vittadini. Imbarazzo condiviso anche da Stefano Alberto, detto don Pino, e dallo stesso don Julian Carron (successore di Giussani). Schierati con il governatore della Lombardia il poeta Davide Rondoni e i deputati Maurizio Lupi e Raffaello Vignali.

Tace un altro leader storico, Giancarlo Cesana, finito in panchina.
Ma gli occhi del movimento ormai sono su di lui: Mauro da San Giovanni Rotondo (il paese di Padre Pio), l’europarlamentare del Pdl più votato d’Italia. In prima linea per la difesa dei cristiani nel mondo, mentre è a Strasburgo Mauro non perde d’occhio la politica italiana. Si schermisce con chi lo indica come successore di Formigoni e, anzi, lo difende («Ha subito un’aggressione giudiziaria inaudita»). Ma già lavora per un «nuovo patto federativo dei moderati». Quanto basta per fare preoccupare Lupi, che forse non disprezzerebbe un salto da Montecitorio al nuovo Palazzo Lombardia.

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