"O una nuova Europa o i nazionalismi"

È un saggio breve. Ma è anche un manifesto politico di livello. Antonio Patuelli, dal gennaio 2013 presidente dell'Associazione bancaria italiana, ha usato tutto il suo vissuto di storico e di politico (nella Prima repubblica è stato parlamentare liberale per due legislature e anche sottosegretario) per segnare un punto fermo e non eludibile, nel dibattito sull'Europa e sulle sue mancanze.

In Nuova Europa o nazionalismo (Rubbettino editore, 120 pagine, 10 euro), Patuelli non lesina critiche all'Unione europea e ai tanti errori nei quali si è avvitata negli ultimi anni. Però non perde di vista né i motivi storici alla base della costituzione della federazione, né soprattutto i pericoli che potrebbero emergere dal suo ridimensionamento o da una sua potenziale disssoluzione.

La crisi finanziaria ed economica esplosa nel 2007-2008, sostiene Patuelli, nell'opinione pubblica viene erroneamente confusa con una crisi del capitalismo. Allo stesso modo, la crisi "nell'Europa" viene percepita come crisi "dell'Europa". Ma il presidente dell'Abi avverte tutti i rischi della confusione: rinnegare l'esperienza di libertà e di sviluppo di questi ultimi 60 anni avrebbe infatti un solo possibile esito, quello di restituire una chanche ai nazionalismi mai sopiti, aprendo la strada perfino a rivoluzioni autoritarie e a regimi dispotici.

In 120 pagine ricche di positività e di dati dimenticati (quanti ricordano, oggi, che l'inflazione tra 1978 e 1990 in Italia aumentò del 260%, mentre dal 1990 al 2002 è rallentata a una crescita complessiva del 52%, e dal 2002 al 2014 la sua corsa è stata soltanto del 26%?) Patuelli si fa portavoce di un'idea di Europa diversa, meno burocratica e finanziaria, e più politica.

In campo fiscale, per esempio, Patuelli scrive che "è inevitabilmente necessario far convergere le politiche degli Stati membri verso identiche misure tributarie che evitino alla radice le guerre economiche in atto fra le diverse aree dell'Unione".m Come servirebbe più Europa in campo internazionale: le peggiori crisi contemporanee, dalla pressione migratoria al radicalismo islamico, richiedono un attore forte, che parli con una voce unica. L'alternativa, scrive giustamente Patuelli, sarebbe il disastro. Un tornare indietro al peggio del peggio. Per questo il saggio è un monito da ascoltare.




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