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KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images
Tecnologia

Parigi, per rassicurare parenti e amici c'è Facebook

La scorsa notte sarà capitato a tantissimi di voi. Mentre pensavate al vecchio amico che da un pezzo vive a Parigi o a quella collega che un weekend no e l’altro sì visita la capitale francese, mentre un po’ preoccupati vi stavate domandando se fossero al sicuro oppure no, ecco apparire una notifica sul display del vostro telefonino o del pc: quella persona «ha confermato di stare bene». E giù commenti di gioia, abbracci e baci virtuali, un corale sospiro di sollievo per via digitale.

Non è un caso di divinazione o telepatia di massa, ma l’effetto della funzione «Safety check» di Facebook introdotta nell’ottobre dello scorso anno e attivata dal social network in caso di calamità naturali come i terremoti, attentati come quelli di Parigi e altre disgraziate circostanze.

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La piattaforma di Mark Zuckerberg rileva la nostra posizione grazie alla geolocalizzazione (o se non è accesa la desume dalla città che abbiamo inserito nel nostro profilo) e, se rientriamo nell’area in cui è in corso l’emergenza, ci chiede se stiamo bene. Se la risposta è positiva, se indichiamo espressamente «sì, voglio che i miei amici siano informati», lo fa sapere a tutti loro.

È come se partisse un sms o una mail collettiva. Che ha delle evidenti ricadute positive: da una parte evita che una persona verosimilmente sotto shock o comunque turbata per quanto avvenuto nei dintorni del luogo in cui si trova sia tempestata da richieste di rassicurazioni, che aumentano e si fanno più insistenti e pressanti in caso di silenzio. Dall’altro alleggerisce il possibile intasamento della rete con un tocco del mouse o del dito sul display. 

Certo, non tutti sono su Facebook, ma lo strumento non ha nessuna pretesa di completezza. È una maniera, anche, per innescare il passaparola. Ed è la conferma delle grandi potenzialità di questi strumenti, al di là del diluvio di pettegolezzi, gattini e varie amenità che li affollano. Sebbene resti legittimo augurarsi che di «Safety check» del genere non ce ne sia nessun bisogno in futuro.

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