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Il tempo dell’internèt, il tempo dove tutto va veloce.
Invece, è il tempo dell’attesa.

Porte e finestre – o portefinestre, direttamente.
Si piazzano telecamerine lì davanti, e si aspetta.
Mezz’ore, mezze giornate.
Si sobbalza ad ogni maniglia che si muove – «No, era solo un passacarte».

Porte di Vaticani, porte di Quirinali.
Porte di ospedali, di parlamenti, non si sa quel che c’è lì dietro, lì dietro c’è tutto.
Travagli e consultazioni.
Bibbie e costituzioni.
Repubbliche e monarchie, è sempre questione di usci, mica di urne.

Papi ancora senza nome, che, nei film, non vogliono uscire.
Neonati ancora senza nome, che, sui giornali, sono già usciti.
L’unico che abbiamo atteso lì, dietro una porta, che aveva un nome si chiamava Enrico.
E abbiamo aspettato per niente.

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