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OcLab, la start-up di ravennati che produce ologrammi

Ha un che di magico, e insieme profuma di business: si chiama QuVi ed è l’ultima generazione di proiettore olografico “animata” da OcLab, una start-up digitale di ravennati e cresciuta anche nel Polo Meccatronica di Trentino Sviluppo a Rovereto: “Sì, indubbiamente abbiamo realizzato il mito dell’ubiquitarietà”, scherza Dario Scalini, il vicepresidente di OcLab che ha partecipato alla tavola rotonda sulle start-up della tappa ravennate di Panorama d’Italia e poco distante, nello “studio-officina” dell’azienda, mostra volentieri il funzionamento “live” del QuVi.

"La cosa più bella tra quelle che si possono fare con QuVi, per un giornalista, è l’intervista olografica”, spiega Scalini, mentre davanti agli occhi degli astanti rotea nell’aria l’immagine di un’utilitaria in tre dimensioni, visibile dai quattro lati dello schermo cubico nel quale si materializza, e sempre al meglio anche da chi gira attorno al palco di due metri per due su cui è montato lo schermo. “Con una normalissima connessione internet, e con i nostri software cuciti su misura per questo nostro proiettore”, prosegue, “lì dove ora vede quella Panda può materializzarsi il mezzo busto di una persona intervistata, che magari siede a 1000 chilometri di distanza e che viene inquadrata da una normalissima telecamera, solo a patto che sia opportunamente installata nella giusta posizione e con la giusta illuminazione”. “E in più, questo nostro sistema costa 6-7 volte in meno rispetto agli ormai "tradizionali" spettacoli teatrali olografici, che non permettono la stessa visione dai quattro lati del cubo e tantomeno senza soluzione di continuità. Costa meno di un videowall!”.

Il proiettore oleografico di OcLab
Il proiettore oleografico di OcLab
Il proiettore oleografico di OcLab

“Anche per questo stiamo depositando un doppio brevetto”, confida Scalini, “uno per l’hardware ed uno per la nostra esclusiva formula di visione prospettica, che oltretutto permette di integrare nella proiezione un pezzo di oggetto vero con un oggetto virtuale”. Cioè? L’esempio classico è applicabile ai musei: immaginatevi un’anfora antica parzialmente distrutta: “è possibile installarla materialmente al centro del proiettore olografico e proiettarle intorno, con perfetta proporzione e geometria, l’immagine delle parti portate via dal tempo”. E QuVi è già stato usato in questo modo per alcuni spettacoli museali per il Museo Arte Ravenna.

Quello museale è un business, la videoconferenza 3d è un altro, ma le applicazioni forse più promettenti sono quelle commerciali: non a caso OcLab ha già portato QuVi in molte fiere dove è stato usato per materializzare con grande efficacia davanti agli occhi dei visitatori il funzionamento di robot o macchine utensili troppo grandi per essere portati fisicamente e fatti funzionare negli stand. Musei, videoconferenze, fiere ed edutainment. Senza dimenticare i videogiochi: per i quali la tridimensionalità olografica diventerà presto, molto probabilmente, una delle grandi innovazioni “di massa”.

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