Ti avevamo tanto amato. Nino Manfredi, un ricordo a 10 anni dalla morte

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Manfredi in realtà si chiamava Saturnino. Che fa rima con "contadino", (o "burino" come lui stesso si definiva).

La sua fu un infanzia di campagna. Era nato nel 1921 in Ciociaria, a Castro dei Volsci, tra i campi coltivati tra mille stenti dal nonno che portava il suo stesso nome dal sapore arcaico e rituale .

Nino durante l'infanzia conosce la povertà e poi la malattia. Prima lo colpisce una grave forma di enterocolite, poi la difterite. Ma soprattutto fu la tubercolosi a inchiodarlo dai 15 ai 18 anni al sanatorio Forlanini, dove sarà dimesso dai medici con una prognosi infausta. Ma lui no, sopravviverà. La "sua" Grazia l'aveva già ricevuta. Si chiamava intelligenza nella sua forma più conclamata. Acuta, spontanea, tenace. Per tutta risposta ai tentativi della morte di portarselo via, Nino sviluppa una capacità all'adattamento e al dolore che tradurrà in una puntigliosa precisione sul lavoro e in una grande sicurezza in sé stesso. 


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La recitazione lo attrae quasi subito: durante l'adolescenza si esibisce negli oratori di Roma, dove si era nel frattempo trasferito a causa del trasferimento del padre, maresciallo di PS. La famiglia lo sogna avvocato e Nino non tradisce le aspettative nate dai sacrifici di una famiglia poverissima. Si laurea, ma della professione non gli importa nulla. Così il vero traguardo è l'Accademia di Arte Drammatica, dove si diploma nel 1947. 

Nello stesso anno recita al Piccolo di Roma accanto a Tino Buazzelli, poi sale a Milano dove nella Stagione 1947-48 recita sotto la direzione di Giorgio Strehler in parti minori dei classici shakespeariani.

A sinistra: Manfredi nel 1946. A destra, la locandina di "Romeo e Giulietta" del 1948 dove Nino interpreta la parte di Paride.


La fase della grande prosa non dura molto. Dal 1950 in poi torna alla rivista d'autore. Si esibisce in trio 

con Paolo Ferrari e Gianni Bonagura prima e con le sorelle Nava poi, passando per la grande Wanda Osiris.

A metà degli anni '50 Manfredi conduce alcune trasmissioni radiofoniche di varietà.

Nella foto: anno 1955. Manfredi e Isa Bellini conducono il varietà radiofonico "Il Labirinto".


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Anni della grande rivista: Nino Manfredi, Wanda Osiris, Raffaele Pisu e Elio Pandolfi nel varietà "Festival" (1954)


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Dal sodalizio del varietà al cinema. Nino Manfredi in un curioso "camouflage" in una scena di "Camping" di Franco Zeffirelli (1957)


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Un'altra sequenza di "Camping". Manfredi è accanto al compagno di rivista Paolo Ferrari.


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Il debutto sul grande schermo come protagonista avviene successivamente, nel 1959, dopo un decennio di parti minori in commedie nelle quali recitò accanto ad attrici come Sophia Loren e Ave Ninchi. Il film è di Gianni Puccini e si chiama "l'impiegato". Racconta della duplice vita di un impiegato dell'Istituto delle case popolari alle prese con la monotonia di giorno e la fantasia di notte, grazia alla passione per i romanzi gialli. Arriverà un'ispettrice da Milano che renderà concreti i sogni dell'impiegato ma che si spegneranno al repentino ritorno della donna al Nord. 

Pochi mesi separano quatto film da quello della consacrazione di Nino nella commedia all'italiana. Si tratta de "L'Audace colpo dei soliti ignoti" per la regia di Nanni Loy. Qui Manfredi è un membro di una banda di rapinatori chiamata a Milano per svaligiare un furgone del Totocalcio: il colpo riesce, ma per una serie di surreali circostanze alla fine la banda preferisce sbarazzarsi del bottino.

Nella foto: Nino Manfredi e Fulvia Franco ne "L'Amore difficile" (regia a quattro di Bonucci, Solima, Manfredi, Lucignani). L'episodio diretto e interpretato da Nino è "L'avventura di un soldato", liberamente ispirato all'opera di Italo Calvino.


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Ma il più grande successo di pubblico lo avrà dalla televisione, proprio nel 1959 con "Canzonissima", presentata in trio con Paolo Panelli e Delia Scala, alla quale parteciperà anche Don Lurio. Durante questa edizione Nino inventerà il tormentone ciociaro con la celebre frase "fusse ca fusse la vorta bbona". Il festival sarà vinto da Joe Sentieri con la canzone "Piove".

Accanto all'attività di attore e regista, Manfredi diviene popolarissimo anche per i successi canori come "Tanto 'pe ccantà" ripresa dal brano di Ettore Petrolini del 1932. Altri successi arrivano con la versione di "Roma nun fà la stupida stasera", cantata durante "Rugantino". Fu amato anche dai più piccoli quando,nel 1978, interpretò "Ma Tarzan lo fa".


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1962: Manfredi non abbandona il palcoscenico. Anzi, è un trionfo il suo "Rugantino", recitato a fianco di Aldo Fabrizi e Bice Valori.


Nel 1962 è chiamato da Luigi Zampa nella parte di un impiegato delle assicurazioni che per un errore viene scambiato per un gerarca fascista in missione presso un paesino della Puglia. "Gli anni ruggenti" è una satira pungente contro l'italietta del regime e si sviluppa quando il protagonista si accorge del sottobosco di corruzione nel quale sguazzano i governanti locali. Se ne tornerà a Roma con una rinnovata coscienza degli errori del fascismo.


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Con Tognazzi recita in "Straziami ma di baci saziami" di Dino Risi (1968), versione rivista in chiave moderna del romanzo d'appendice ottocentesco, con Tognazzi nella grandiosa parte di un sarto sordomuto.


Nel 1970 esce "Per grazia ricevuta". Il successo è trionfale. Vincerà una Palma d'Oro e un Nastro d'Argento. Tanta parte della storia personale di Nino ritorna nel film durante i suoi numerosi flashback. Si tratta del tema della religiosità opprimente e superstiziosa della provincia laziale. Educazione sentimentale di un uomo lacerato dalla tradizione religiosa e dalle pulsioni mondane che spingono il protagonista per due volte vicino alla morte (proprio come era accaduto al giovane Nino), per poi risolversi entrambe le volte nel "miracolo".


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Il film è tutto di Manfredi. Sceneggiatura, regia, recitazione: inizialmente sconsigliato dai produttori, Nino tirò dritto, come sempre, per la sua strada. Lasciò tutti a bocca aperta quando la sua opera prima uscì. Critica e pubblico, per aver prodotto un film profondo, unico e avvincente.


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Manfredi dietro la macchina da presa nel 1970. Da queste riprese nascerà il suo film capolavoro, "Per Grazia ricevuta".


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Il 1974 lo vede nuovamente protagonista in uno dei lavori più riusciti di Ettore Scola, "C'eravamo tanto amati". 

Epopea di tre amici ex partigiani, la trama si svolge intrecciata alla storia dell' Italia repubblicana e delle disillusioni da questa provocate nel gruppo dei tre. Intorno alla figura femminile di Stefania Sandrelli si consuma la trasformazione dei protagonisti che si allontaneranno gradualmente dagli ideali della Resistenza, finendo poi sostanzialmente ad essere spettatori passivi di un'Italia irrimediabilmente cambiata.


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Tre anni dopo Manfredi è sul set di uno dei suoi maggiori successi: "Pane e cioccolata" di Franco Brusati. Commedia multiforme, in grado di passare dal comico al grottesco e al dramma, è la storia di un emigrato in Svizzera in lotta perenne per la dignità della propria vita, spesso umiliata dalle avversità patite dalla società degli ospitanti. 

Nonostante l'amarezza di fondo, il film è positivo e ancora una volta il ruolo si addice alla figura di Manfredi. Con caparbietà ed ostinazione, senza sprofondare nella disperazione, il protagonista continua la sua lotta abbandonando il treno che lo stava riportando in Italia.


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Per la televisione Nino Manfredi interpreterà nel memorabile "Pinocchio" di Luigi Comencini (1971) la parte di Geppetto, mentre le serie televisive di successo torneranno alla fine degli anni 90 dove si troverà a recitare accanto a Claudia Koll in "Linda e il Brigadiere".


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Altra grandissima prova Manfredi la regalerà al film di Ettore Scola "Brutti, sporchi e cattivi", commedia picaresca della periferia sottoproletaria delle baraccopoli romane.


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Manfredi con uno dei "colonnelli" della risata: Ugo Tognazzi, in un'immagine da "La mazzetta" di Sergio Corbucci.


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Torna il sodalizio con Nanni Loy con "Cafè Express", storia di un venditore abusivo di caffè sui treni. Ancora una volta Nino è protagonista dell'Italia della sopravvivenza ai margini della società evoluta. Il film uscì nelle sale nel 1980.


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Manfredi con Nanni Loy sul set di "Café Express".


Nel 1969 era cominciata per Nino l'epopea delle "Pasquinate" (satira anticlericale che prese il nome dalla statua di Pasquino sulla quale venivano affissi messaggi di condanna al potere papalino) ossia del Manfredi protagonista dei film ambientati nella Roma dei papi del Risorgimento. Il primo, di Luigi Magni, è "Nell'anno del Signore" dove Nino è un ciabattino vicino alla Carboneria. Seguirà 8 anni dopo "In Nome del Papa Re", sempre di Magni. Stavolta il dramma parastorico è ambientato negli anni immediatamente precedenti Porta Pia e incentrato sulla figura del monsignor Colombo-Nino Manfredi alle prese con la propria coscienza religiosa di fronte alla decadenza del potere temporale del Papato.

Foto: Manfredi ne "In nome del Papa Re" (1977)


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Inutile quasi ricordare il tormentone pubblicitario degli spot del caffè Lavazza, durati due lustri: dallo slogan "Più lo mandi giù…e più ti tira su"! a "Il caffè è un piacere..se nun è bbono, che piacere è"?

L'ultima campagna pubblicitaria la fece per il Ministero del Tesoro e trattava del passaggio dalla Lira all'Euro.


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Nino Manfredi in un ritratto di famiglia dei primi anni '60. Alla fisarmonica, la moglie Erminia Ferrari e i figli Luca e Roberta.


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Gli ultimi anni Nino li vive accanto alla moglie Erminia, padre e patriarca tra figli e nipoti. Nancy Brilli diventa sua  nuora essendo stata sposata con suo figlio Luca fino al divorzio nel 2002.


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Un bacio affettuoso tra Manfredi e Lino Banfi. L'amicizia con l'attore pugliese fu molto profonda e, specie nei lunghi mesi della malattia di Nino, Banfi gli fu accanto.


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Nel 2003 la "comare secca", come l'avrebbe chiamata lui, torna a fargli visita. Ma non lo porta con sè subito. Nino passerà un calvario di un anno dopo essere stato colpito da un grave ictus che lo aveva gravemente invalidato. La moglie Erminia ci ha raccontato che il marito non smise mai di parlarle, anche se si esprimeva solo con gli occhi. Accanto a lui, oltre alla moglie, c'è l'affezionatissimo Lino Banfi che non smette di fargli visita. 

Al terzo passaggio, dopo la difterite e la TBC dalle quali Nino sopravvisse "per grazia ricevuta", la morte lo prende per mano la mattina del 4 giugno 2004.


10 anni fa la scomparsa nella sua Roma dell'ultimo dei "mostri" della commedia all'italiana. Dagli esordi nella rivista ai grandi successi del cinema, una serie di immagini per ricordarlo

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