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Venerdì 29 maggio Muhammadu Buhari assumerà ufficialmente l’incarico di nuovo presidente della Nigeria. A quasi due mesi dalla vittoria elettorale che gli ha permesso di sconfiggere l’uscente Goodluck Jonathan, il leader dell’All Progressive Congress ha deluso le aspettative. Il pugno di ferro promesso per sconfiggere Boko Haram finora non è infatti stato sufficiente e gli islamisti, seppure costretti alla ritirata in diverse aree del nord-est del Paese grazie all’invio di rinforzi da parte di Ciad, Camerun e Niger, continuano ad attaccare.
Lo scorso fine settimana hanno messo a ferro e fuoco Gubio, proprio nel nord-est: almeno 37 morti e oltre 400 abitazioni ridotte in cenere. Gubio, situata 95 chilometri a nord da Maiduguri, capitale dello stato di Borno, adesso è poco più di una città fantasma. “Sono arrivati di notte a bordo di moto, pick up e camion – ha affermato a Jeune Afrique Bukar Mondama, capo di una milizia di difesa locale -. Hanno distrutto tutto, comprese otto moschee, quattro scuole e uffici governativi”. Kashim Shettima, governatore dello stato di Borno, ha dichiarato che chi ha perso la casa o altri beni verrà risarcito e ha garantito che le scuole e le moschee verranno ricostruite al più presto.
In questa situazione domani Muhammadu Buhari assumerà formalmente la guida del Paese. Ma il suo piano di rimettere in sesto l’esercito nigeriano, attraverso l’acquisto di armi ed equipaggiamenti, convince sempre meno. Le forze armate, di fatto, sono allo sbando. È di ieri, mercoledì 27 maggio, la notizia della radiazione di almeno 200 soldati, accusati di essersi rifiutati di combattere contro gli islamisti. Finora sarebbero stati oltre 4.500 i militari licenziati.
L’inaffidabilità dell’esercito resta dunque un problema spinoso per Buhari, chiamato a decidersi a breve anche sulla sorte di alcuni dei soldati disertori. Sessantasei di loro sperano nella sua clemenza per evitare la pena di morte.