DANIELE SCUDIERI / Imagoeconomica
Economia

Mps, cosa succede dopo il no all'aumento di capitale

Uno a zero per Antonella Mansi presidente della Fondazione Mps. Alessandro Profumo, invece, presidente del gruppo Monte dei Paschi di Siena, ha perso una battaglia importante mentre la banca resta ancora in un equilibrio molto instabile e correntisti, risparmiatori e piccoli azionisti non possono tirare alcun sospiro di sollievo. Anzi, sono obbligati a restare con il fiato sospeso.

L’incredibile storia del gruppo Mps non manca infatti di colpi di scena. Uno dei più prestigiosi gruppi bancari italiani, travolto dallo scandalo di prodotti derivati, bilanci truccati e “salvato” dal fallimento grazie al prestito statale di 3,9 miliardi erogato sotto forma di Monti Bond , ora rischia davvero la statalizzazione dopo il no all’aumento di capitale deciso dal consiglio di amministrazione.

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Ma cosa sta succedendo a Siena? Quale il futuro della banca senese? E quali sono i rapporti di forza che ora ne decideranno le sorti?
Ecco in tre punti, la sintesi della situazione.

- LO SPETTRO DELLA NAZIONALIZZAZIONE
 Il consiglio di amministrazione del 28 dicembre ha detto "no" all’aumento di capitale da 3 miliardi. O meglio l’eventuale approvazione è rinviata alla primavera (forse a giugno). È una decisione che apre importanti interrogativi sul futuro della banca senese perché l’aumento di capitale le serve per poter ripagare il debito che ha con con lo Stato sotto forma di Monti Bond. Le regole di funzionamento di questi prodotti obbligazionari prevedono che debbano essere rimborsati entro il 2014 (altrimenti diventano aiuti di stato), pena il fatto di venire convertiti in azioni. Cosa significa? Che lo Stato diventerebbe il primo azionista di Mps. O, al contrario, che Mps diventerebbe una banca pubblica. Da Roma, il ministero dell'Economia e delle finanze ha fatto sapere di non avere nessun interesse alla nazionalizzazione ma che la banca deve comunque restituire i Monti bond agli italiani.

- LA VITTORIA DELLA FONDAZIONE MPS
A cantare vittoria in questo primo round sulle sorti della banca senese è stata la Fondazione Mps, azionista al 33,5% della banca, e il suo presidente, la giovane Antonella Mansi, che ha proposto (e ottenuto) lo slittamento dell’aumento di capitale ottenendo l’82,04% dei voti a favore. Il presidente di Mps, Alessandro Profumo, ha dovuto incassare. E c’è già chi parla di prossime dimissioni al cda convocato per gennaio.

- LA TECNICA DEL PRENDERE TEMPO
La Fondazione Mps non ha voluto approvare l’aumento di capitale per due motivi: non ha i soldi per coprire tutta la sua quota dei 3,3 miliardi di aumento di capitale e diminuire la quota significherebbe perdere il controllo. Mansi sta cercando soci a cui vendere piccole quote senza compromettere il controllo da parte della Fondazione e sa che deve farlo in fretta: in passato la Fondazione si è già indebitata per mettere nuovi soldi in Mps e nell’indebitarsi con altre banche ha dato in pegno le stesse azioni Mps. Se il titolo scendesse sotto quota 0,128, tuttavia, le banche creditrici della Fondazione potrebbero prendere le azioni diventando loro azioniste e diluendo la quota della Fondazione che dunque perderebbe il controllo. Oggi il valore del titolo è molto vicino a 0,128 euro (0,173 euro il 27 dicembre) e un aumento di capitale potrebbe portare facilmente il titolo a quel prezzo.

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