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Monti? È tarantolato

Identici. La forma del viso, il taglio degli occhi, la bocca. Il naso! Persino i capelli fonati. Prodigi della fisiognomica. Se Mario Monti avesse voluto rintracciare apposta nella popolazione mondiale il suo doppio femminile, non avrebbe potuto trovare una versione rosa più calzante di Anna Maria Tarantola, designata alla presidenza della Rai. La sosia perfetta. Quasi più della somiglianza fisica, colpisce l’espressione del viso: distante, morbida, vagamente compiaciuta. Lieve e dimessa. Curata e serena. Una faccia, due facce, che trasudano sicurezza. Una smaltatura discreta di malcelata vanità sul volto-maschera da poteri forti: cardinali laici, tecnocrati investiti di una missione. Monti, quella di raddrizzare l’Italia anche a costo di tagliarci le gambe. E la Tarantola, con Gubitosi direttore generale, di commissariare e risanare la Rai, dio Monti solo sa come.

Peccato per il Professore che una corrispondenza fisica così fedele renda di plastica evidenza un dato che a molti poteva sfuggire: il suo tentativo di plasmare una prima linea di grand commis pubblici a propria immagine e somiglianza, burocrati ultracattolici provenienti da banche e finanza con fisionomie da club esclusivo. In pubblico mai un vero sorriso, mai un tic. In conferenza stampa, un fiume di parole che danno l’impressione di non pronunciarne che tre: io sono dio (così i giornalisti, intimoriti, arretrano, rinunciano alle domande: è il metodo Bruxelles o Bankitalia). Ci vogliono le facce giuste per questo.

Il romanzo del governo tecnico permette a gemelli “separati dalla nascita” di stringersi la mano e specchiarsi l’un l’altro, riempiendosi di elogi e di nomine.

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