Modello spagnolo o Mattarellum, purché resti il bipolarismo

I tre modelli di legge elettorale proposti da Matteo Renzi, pur diversi nei meccanismi, puntano allo stesso obiettivo di fornire una semplice ed immediata lettura di chi abbia vinto e perso le elezioni e formare rapidamente il governo.

Il concetto, per la prima volta esplicitato da Berlusconi appena sceso in politica nel '94, è sicuramente ormai stato fatto proprio dalla grande maggioranza degli italiani. Negli ultimi dieci anni, infatti, la quota di chi opta per un sistema bipolare "a due partiti, schieramenti" ruota intorno ai due terzi della popolazione.

Con l'attuale legge elettorale in vigore dal 2005, inoltre, si vollero introdurre anche meccanismi che potessero garantire ulteriore stabilità di governo, quali la quota di sbarramento per evitare l'ingresso in Parlamento di formazioni troppo piccole (che comunque avevano capacità di destabilizzare le alleanze) e l'inserimento del premio di maggioranza alla coalizione vincente. Tralasciando quanto accaduto recentemente con la dichiarazione di incostituzionalità della Corte, è da dire che anche in tutte e tre le proposte di Renzi il concetto di boost per la coalizione vincente viene mantenuto.

Ma il problema di chi ha vinto le elezioni e di chi formerà il governo non è l'unico e non è neanche quello più importante, che né il maggioritario né il premio di maggioranza hanno mai risolto.

La Costituzione italiana, studiata nel dopoguerra per il proporzionale puro, non prevede vincolo di mandato per i parlamentari. Vuol dire che, in qualsiasi momento della legislatura, anche dal primo giorno, è possibile che si crei legittimamente una maggioranza di governo, diversa da quella che ha vinto le elezioni. E' accaduto nel '95 con il ribaltone di Dini; nei cinque anni successivi con i quattro governi di centrosinistra, che ha avuto "pezzi" all'opposizione sostituito da "tocchi" di centrodestra che aveva perso le elezioni. Fino ad arrivare agli ultimi anni, con le maggioranze create a tavolino di Monti prima e Letta poi (con e senza Berlusconi).

Nulla di tutto questo era stato espresso dalle urne. Senza contare il decuplicarsi dei gruppi parlamentari durante le legislature ed il "cambio di casacca" in corsa di molti onorevoli e senatori (comportamento che viene definito "deplorevole" da più dell'80%).

E' su questo presupposto che interrogammo, semplificando, i cittadini italiani. Essi ci diedero una risposta molto chiara: quasi i due terzi erano d'accordo con il fatto che una volta caduto il governo espressione della vittoria elettorale, si sarebbe dovuti tornare al voto.

YOU MAY ALSO LIKE