I misteri dei diari di Falcone

Giovanni Falcone annotava diligentemente tutti i suoi impegni su due agende elettroniche: un data-bank Casio e uno Sharp. Subito dopo la sua morte, il 23 maggio 1992, quelle due agende vennero recuperate ed entrarono nella vicenda giudiziaria che seguì alla strage di Capaci.

Una “memoria esterna”, collegabile alle due agende, scomparve invece per sempre. Il punto è che le agende, a livello processuale furono come sminuite, e non considerate in pieno. Strano, no?
A distanza di 26 anni, dopo tanti (forse troppi) processi sulla strage di Capaci, e dopo decine di depistaggi, falsi testimoni e altre morti sospette, ora c’è un libro che recupera i materiali rivelatori che sono stati trascurati nelle inchieste della magistratura, ma invece potrebbero forse aiutare a capire che cosa accadde in quella agitatissima primavera di 26 anni fa. E forse a fare luce in alcuni degli interrogativi rimasti irrisolti.

Il libro s’intitola I diari di Falcone (edizioni Chiarelettere, 250 pagine, 16 euro). L’autore è Edoardo Montolli, giornalista spesso controcorrente e autore di saggi-inchiesta. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio (Aliberti editore, 2008) e L’enigma di Erba (Rcs Periodici, 2010). Con Il caso Genchi (ancora Aliberti, 2009) Montolli ha invece raccontato i retroscena delle principali vicende politiche e giudiziarie degli ultimi trent’anni.

È davvero strano che, prima di Montolli, per oltre un quarto di secolo nessuno si sia occupato di questo mistero giudiziario. È un dato di fatto che, spesso, i diari scritti dai magistrati uccisi facciano paura e si trasformino in mistero.

Paolo Borsellino ha lasciato un’agenda grigia, mentre un’altra, la famosa “agenda rossa” che ha dato vita addirittura a un movimento politico, pare sia scomparsa.

Le agende di Falcone, che a suo tempo furono esaminate dai periti Gioacchino Genchi e Luciano Petrini (misteriosamente ucciso nel maggio 1996: fu trovato nel suo letto con la testa fracassata; la porta era intatta e non c’erano segni di effrazione), pongono questioni decisive: per esempio sugli incontri del giudice con funzionari russi per indagare sui finanziamenti clandestini del Pcus al nostro Pci.

Sull’agenda Sharp è cristallizzato il ricordo del primo incontro romano di Falcone con il procuratore generale Valentin Stepankov in Italia: è datato 9 gennaio 1992, alla voce “Viene pg della Russia”. Resta però da svelare il mistero più rilevante: Falcone si sarebbe dovuto recare a Mosca nei giorni immediatamente successivi al 23 maggio, per un incontro confermato da molte fonti autorevoli, ma il cui appunto sarebbe scomparso dai telex alla Farnesina. Di questo misterioso viaggio, confermato anche dalle autorità russe, da vari ministri del governo italiano di allora e persino dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, purtroppo non c’è traccia in nessuna delle due agende.

Montolli legge i diari di Falcone anche per capire come sia stato possibile che i sicari di Cosa nostra conoscessero data e orario del suo ultimo viaggio aereo da Roma a Palermo. Ma il libro indaga anche su un misterioso viaggio del magistrato a Washington, sui suoi spostamenti tra il 28 aprile e il 1° maggio, poco prima dell’attentato...

Montolli mette così in relazione fatti, testimonianze, appunti personali: ne emerge un quadro sorprendentemente inedito, che apre nuovi scenari sulla morte del giudice e ipotizza vada inserita in una strategia di destabilizzazione che avrebbe portato l’Italia alla fine della prima Repubblica.

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