Milan, perché Rangnik non è la scelta giusta

Le voci sull'arrivo di Ralf Rangnick al Milan nella prossima stagione si stanno facendo così insistenti e provenienti da fonti diverse, autorevoli e qualificate, che diventa difficile catalogarle come semplici rumors di mercato nel mezzo della stagione, quando i giochi non sono ancora fatti. La notizia nata in Germania e rimbalzata poi con prepotenza in Francia, dove addirittura si dà per firmato un accordo con tanto di penale, è stata informalmente smentita dai rappresentanti in Italia di Elliott, però anima il dibattito e difficilmente verrà accantonata in fretta.

Ufficialmente Stefano Pioli gode ancora di possibilità di guadagnarsi la conferma per l'anno prossimo, legata ai risultati (qualificazione alla Champions League o, magari, la vittoria della Coppa Italia e l'ingresso in Europa League) visto che il suo lavoro viene giudicato positivo a chi lo ha chiamato in ottobre a raccogliere la difficile eredità di Giampaolo. Oltre l'ufficialità resta, invece, la sensazione forte che sia destinato al ruolo di traghettatore e che il futuro della panchina rossonera abbia altre connotazioni e un nome diverso.

E qui si inserisce il tema forte. Siccome l'attuale responsabile dell'area tecnica, Paolo Maldini, ha bocciato l'ipotesi Rangnick con una nettezza inusuale, come sarà possibile vedere il tedesco a Milanello e allo stesso tempo i dirigenti che non lo vogliono? E qui entra in ballo l'ipotesi di una nuova rifondazione a livello manageriale e lo scenario di una prova di forza interna tra anime in competizione e con visioni differenti. Uno scenario deleterio per una società che dal 2016 non trova pace, tra closing, proprietari equivoci e progetti economici e sportivi che si alternano senza soluzione di continuità.

Panorama ha ricostruito nei mesi scorsi l'imponente intervento compiuto dal fondo Elliott per mettere in sicurezza i conti del Milan (LEGGI QUI L'ANALISI). Ora, però, serve una nuova fase con stabilità, ruoli chiari, condivisione di un indirizzo, presa di coscienza degli errori del passato (ad esempio l'idea del Milan solo giovane senza innesti d'esperienza) e valutazione rigorosa dei risultati raggiunti da ciascun protagonista nella propria area di competenza. Immaginare che l'amministratore delegato Gazidis, per quanto rappresentante della proprietà, possa imporre la scelta dell'allenatore - senza entrare nel merito del suo profilo - all'area tecnica significa ricadere in uno schema fallimentare. Il Milan e i milanisti non possono permetterselo.

YOU MAY ALSO LIKE