Cardinale e il bivio del Milan: sul dopo Pioli in gioco la storia del club

La sconfitta di Monza ha cancellato per il Milan quello che restava delle speranze, in realtà limitate, di poter accendere un duello scudetto con l'Inter. Non è solo una questione di punti di distacco dalla vetta della classifica (11 che possono diventare 14), quanto di sensazione di precarietà della stagione di una squadra che vive costantemente sulle montagne russe. Infortuni, fragilità difensiva, picchi e cali di rendimento soprattutto in trasferta: non c'è nulla nell'andamento del gruppo di Pioli che possa lasciar immaginare un rush finale come quello che nella primavera del 2022 portò alla conquista in rimonta del titolo numero 19.

I primi ad esserne consapevoli sono i tifosi che stanno vivendo con un certo distacco il momento. San Siro rimane pieno (72.007 la media presenze in campionato fin qui), non fischia eppure si è spezzato quell'incantesimo che lo ha reso una parte importante dell'epopea del Milan delle ultime stagione, quando per gli avversari era un problema affrontare il muro rossonero del Meazza. Sul banco degli imputati, a nome di tutti, è finito da mesi Stefano Pioli. Al tecnico vengono rinfacciate due cose: i troppi infortuni che hanno falcidiato la rosa e l'eccessivo aziendalismo che lo ha spinto a sposare scelte di mercato considerate non in linea con la storia del club e con le esigenze tecniche del momento.

Questa seconda accusa mette in realtà Pioli in linea con gli allenatori della nuova generazione, Per fare un esempio, Inzaghi e Allegri hanno espresso le loro opinioni ma, al pari del collega di Milanello, semplicemente poi si sono messi al lavoro con il materiale fornito dalla società.

Il nodo, però, è questo. Il Milan di oggi è una realtà i cui confini si comprendono bene a livello di strategia aziendale, ma sono meno leggibili nella traiettoria sportiva. Il presidente Paolo Scaroni, appena nominato numero uno internazionale di RedBird e dunque in perfetta linea con i pensieri della proprietà, ha recentemente ribadito come l'obiettivo di questa stagione fosse la qualificazione alla prossima Champions League. Tanto o poco a fronte degli investimenti estivi da oltre 130 milioni di euro?

Il timore di larga parte del popolo rossonero è che Gerry Cardinale, cui va dato il merito di aver completato l'opera di risanamento dei conti iniziata dal fondo Elliott, abbia in testa un modello di business orientato alla redditività e non al successo sportivo. Cardinale si è esposto in prima persona per garantire il contrario, ma i tifosi lo attendono alla prova dei fatti. E qui si torna a Stefano Pioli e alla sua storia di quasi cinque anni in rossonero.

Ha un contratto che scade nel giugno 2025 da circa 4 milioni più bonus. Non è più nelle grazie della gente mentre conserva la stima di proprietà e dirigenza. I critici non prendono nemmeno in considerazione l'ipotesi che venga confermato, scenario invece da non escludere se si segue il filo dei ragionamenti pubblici di Cardinale. Il partito (nutrito) del #PioliOut sogna Antonio Conte, profilo che segnerebbe però una profonda discontinuità con le strategia degli ultimi tre anni.

Per questo sulla scelta del prossimo allenatore si misurerà il Dna del nuovo Milan. A occhio le visioni di Scaroni ("Chiuderemo l’esercizio 23/24 con un eccellente risultato e questa è la premessa per poter andare sul mercato con i mezzi per poter prendere delle decisioni importanti”) non corrispondono alle aspettative di una tifoseria abituata a pensare alla vittoria e non a traguardi intermedi. Cardinale è chiamato a sciogliere il nodo.

Ha smentito ogni ipotesi di cessione del club, annunciato la volontà di restare in Italia a lungo e riaperto a sorpresa a un esito diverso da quanto ormai considerato acquisito sulla vicenda del nuovo stadio. Sull'obiettivo del prossimo progetto sportivo si gioca, però, la reputazione agli occhi di milioni di persone poco disposte a seguire la logica del passettino dopo passettino. Chi avrà la forza di spingere la controparte a modificare le proprie idee?

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