Migliaia di indiani in marcia per la terra

Si sono messi in cammino sulle orme del Mahatma Gandhi che marciò contro la tassa sul sale negli anni Trenta. Come allora, i 35 mila contadini partiti stamattina da Gwailor nel Madhya Pradesh e diretti a nord verso la capitale reclamano giustizia e soprattutto terra. Lo jan satyagraha (la marcia della giustizia) da voce ai piccoli contadini e ai membri dei gruppi tribali indiani, spesso vittime di espropri a causa della costruzione di infrastrutture o di operazioni minerarie.

“Milioni di persone vivono in baraccopoli, lungo i binari della ferrovia, con un pezzo di plastica come riparo. Hanno diritto ad avere un pezzo di terra. Altri devono lasciare spazio a strade, aeroporti, fabbriche, ma io non accetto l’industrializzazione a questo prezzo” ha detto PV Rajagopal, attivista dell’ong Ekhta Parishad (Forum dell’Unità) che ha organizzato la marcia, in arrivo a New Delhi il 29 ottobre, dopo aver percorso 350 chilometri.  

Ieri, 2 ottobre anniversario della nascita di Gandhi e festa nazionale, nel tentativo di bloccare la protesta il ministro dello sviluppo rurale Jairam Ramesh e quello del commercio Jyotiraditya Scindia sono andati a Gwailor promettendo una riforma agraria che garantisca terra a due milioni e mezzo di persone. Ma le offerte sono state ritenute troppo vaghe.

L’India è diventata una dei principali 25 Paesi esportatori al mondo, è la decima economia al mondo e potrebbe diventare la terza entro il 2030. Ma è anche una nazione povera, anzi poverissima. La fotografia impietosa scattata dall’Unicef rivela che l’anno scorso nel subcontinente sono morti 1,7 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni, mentre il 42 per cento sono sottonutriti. Lo straordinario sviluppo della più grande democrazia mondiale ha generato alcuni scioccanti paradossi. L’India ha 48 miliardari (l’Italia ne ha 8) ma un terzo della sua popolazione vive (o meglio cerca di sopravvivere) con 1,25 dollari al giorno.

Non che manchino i tentativi del governo di Delhi di rendere più equa la corsa dell’economia indiana, ma spesso i soldi - come i 300 milioni di dollari stanziati 10 anni fa per migliorare le fognature dell’Uttar Pradesh - si perdono nei rivoli tumultuosi della corruzione. E programmi come io Mahatma Gandhi national rural employment guarantee act che garantisce ai contadini almeno 100 giorni di lavoro all’anno, sono ormai insufficienti a coprire le esigenze di chi perde la terra per lasciar posto alle fabbriche e spesso vede svanire le compensazioni in lungaggini burocratiche. “ I leader in India parlano spesso di eliminare la povertà, ma non agiscono per risolvere i problemi. Le leggi che vengono applicate favoriscono i ricchi e non chi non ha nulla. Per questo marciamo” recita il sito di Ekhta Parishad

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