Mediobanca: e se ci fosse una manovra per prenderne il controllo?

Molti s’interrogano sul futuro della Mediobanca, ma vuoi vedere che Cesare Geronzi la sa più lunga di tutti? «Senza Unicredit, Mediobanca sarebbe preda di Pellicioli» dice l’ex presidente a un incredulo Massimo Mucchetti nel libro-intervista appena pubblicato (Confiteor). Il banchiere non spiega, si assume tutta la responsabilità dell’affermazione. Cosa c’è dietro? Gli equilibri della banca d’affari sono in discussione e con essi l’assetto di vertice. Alberto Nagel, amministratore delegato, è sotto attacco, colpito dal «pizzino», come lo chiama Geronzi, firmato a Salvatore Ligresti per una lauta buonuscita. Intanto Vincent Bolloré rafforza la propria posizione ed è pronto a comprare la quota della Groupama arrivando così al 10 per cento. Per controbilanciarlo, Nagel sta cercando il suo cavaliere bianco e lo avrebbe trovato in Lorenzo Pellicioli, top manager della De Agostini, insieme al quale ha organizzato la defenestrazione di Geronzi dalle Assicurazioni Generali.

Se ha ragione il banchiere romano, siamo ancora alla fase preliminare. Perché De Agostini non è socio della Mediobanca. Certo, potrebbe comprare i titoli sul mercato, in fondo oggi non sono cari. Ma il gruppo ha già perso molto investendo nelle Generali. Un acquisto sarebbe giustificabile solo se portasse il nuovo azionista nella plancia di comando, oppure se fosse il passaggio per arrivare al Corriere della sera. Per un editore, un approdo naturale, soprattutto ora che si riapre la battaglia sul controllo della Rcs. Il patto di sindacato scade nel 2014, ma quello della Mediobanca a dicembre 2013.

«In questi anni sono venute meno le basi materiali del sistema» sostiene Geronzi. «A questo punto le relazioni dentro l’establishment che ne costituivano il cemento e il fluidificante mi sembrano destinate a perdere rilievo». Catalizzatore della crisi è proprio il salvataggio Ligresti: «Lavorando per salvare il proprio stato patrimoniale, la Mediobanca sedicente nuova, lavora in un affanno che non aveva mai conosciuto prima e, soprattutto, lo fa in una condizione che potrebbe evocare il conflitto d’interessi: creditore e advisor del debitore al tempo stesso».

L’«arzillo vecchietto», come lo ha chiamato Diego Della Valle, suo acerrimo nemico, certamente ha il dente avvelenato con Nagel. Ma è difficile credere che lanci un’accusa così precisa senza qualcosa di concreto. Non è da Geronzi, banchiere di sistema, che quando gestiva il potere era solito agire e tacere.

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