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Il vulcano Marsili, un gigante addormentato

Un gigante addormentato, ma pur sempre minaccioso. E se mai un giorno dovesse risvegliarsi, potenzialmente catastrofico. Questo è il Marsili, l'enorme vulcano che giace sui fondali del Mar Tirreno, tra Calabria e Sicilia. Un recente studio internazionale, condotto dagli esperti dell'Istituto per l'ambiente marino costiero del CNR di Napoli e dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha svelato infatti la reale pericolosità di questo ospite indesiderato.

La ricerca, accettata dalla rivista scientifica Gondwana Research, è il risultato di otto anni di analisi, iniziate nel 2006 a bordo della nave oceanica "Universitatis" che ha raccolto dati su questo vulcano sottomarino, il più grande d'Europa. "È un edificio massiccio e allungato, che molto assomiglia ai grandi rilievi sottomarini che costituiscono le dorsali oceaniche", conferma Sabrina Mugnos, geologa, giornalista free lance e divulgatrice scientifica in tv e sul web .
I numeri del Marsili sono impressionanti. "È lungo circa 70 km e largo 30, copre un’area di circa 2.100 km quadrati ed occupa un volume di 3.000 km cubici. Un colosso, insomma, che se ne sta adagiato a circa tre chilometri e mezzo sul fondo del mare spingendo il suo “naso” fino a poco più di 500 metri dal pelo dell’acqua."
Anche la Mugnos, insieme al collega Guido Ventura, Primo Ricercatore presso l'INGV di Roma, uno tra i massimi esperti del settore nel nostro Paese, ha appena concluso una ricerca su questo gigante. Il loro interesse si è focalizzato sul Marsili, ma non solo: nel Tirreno esistono altri grandi vulcani ancora poco studiati, dal Vavilov al Magnaghi, e poi gli altri minori come Palinuro, Glauco, Eolo, Sisifo, Enarete. Tutti meritevoli di attenzione.
Nel caso del Marsili,  in particolare, andava stabilito lo stato di quiescenza: c'è una bella differenza tra un vulcano spento e uno solo addormentato. In base all'ipotesi più accreditata dalla comunità scientifica, questo mostro sottomarino risultava inattivo da 100 mila anni. Un dato, oggi, smentito: è invece ancora in attività. Spiega Sabrina Mugnos: "Per attività non s’intendono eruzioni in corso, dal momento che queste, almeno ad oggi, sono assenti, ma anche se possiede il potenziale per scatenarne ancora.
Fino qualche anno fa gli indizi più forti di un’attività ancora presente erano le tracce di fenomeni idrotermali, ovvero manifestazioni causate dalla circolazione di fluidi caldi nell’interno dell’edificio. Ma dal momento che nessuna bocca è mai stata colta nell’atto di eruttare qualsivoglia sostanza, la conferma non si è mai avuta ed è stata sempre sostenuta da studi indiretti di geofisica, sismica e gravimetria. Lo studio del CNR ha segnato una svolta importante."

Durante la missione, infatti, i ricercatori hanno effettuato un carotaggio nei sedimenti sottomarini del settore centrale del Marsili, a 839 metri di profondità. I risultati non sono stati rassicuranti. " È stata evidenziata la presenza di due livelli di ceneri vulcaniche dello spessore di 15 cm e 60 cm. Datate con il metodo del Carbonio 14 , applicato sui fossili contenuti nei sedimenti intercalati ai livelli vulcanici, si è scoperto che risalgono a 3000 e a 5000 anni fa. Per tanto,  il Marsili ha eruttato esplosivamente in tempi storici. Si ritiene, quindi, che il vulcano sia da inserire nella lista di quelli attivi nel nostro paese, al pari di Vesuvio, Campi Flegrei, Stromboli, Etna, Vulcano, Lipari", dice la geologa.
Dunque, verso 1000 a.C. le popolazioni che abitavano lungo le coste dell'odierna Calabria e della Sicilia hanno assistito ad un fenomeno sconvolgente e drammatico, che può aver distrutto intere comunità insediate sui litorali. Quel mare, dal quale traevano fonte di sostentamento attraverso la pesca, potrebbe essere diventato all'improvviso nemico, spazzando via in pochi istanti vite umane e villaggi con onde alte come palazzi. Insomma, un maremoto. Un'eventualità che potrebbe ripetersi.
"Ora sappiamo che abbiamo un vulcano attivo più grande dell’Etna sommerso a poche decine di chilometri dalle coste, che potrebbe produrre nuove eruzioni di tipo esplosivo.  Ciò che preoccupa non sono le eruzioni in sé, che comunque avverrebbero negli abissi a 500 metri di profondità, quanto il fatto che i versanti di questi edifici sono instabili, a causa dell’azione erosiva dell’acqua di mare e della circolazione interna di fluidi.
Quindi sono soggetti a franare ed una frana di grandi proporzioni sotto il mare potrebbe causare onde di tsunami che, sul nostro piccolo mare, peraltro privo di un sistema di preallarme, colpirebbero in pochi minuti le coste. Ma non si possono fare previsioni: potrebbe accadere domani, oppure mai", afferma Sabrina Mugnos

La speranza, ovviamente, è che il Marsili se ne resti tranquillo per lo meno ancora qualche altro migliaio di anni... Ma servirebbe, anche là sotto, un sistema di rilevamento in grado di avvertire quei piccoli segnali che annunciano un'eruzione. Adesso che l'attività di questo mega-vulcano è appurata, è necessario mettere in atto tutte le misure  già adottate, ad esempio, lungo i versanti del Vesuvio- altro osservato speciale. Anche il simbolo di Napoli è tutt'altro che spento. Molti si ricordano ancora la sua ultima eruzione: era il marzo del 1944. Solo 70 anni fa.
Non a caso, l'ultimo atto del premier dimissionario Letta è stato firmare un aggiornamento del  piano di intervento nei territori più vicini al vulcano. Il documento ha ridefinito le aree da evacuare in via precauzionale in caso di minaccia, distinte in zona rossa 1 (soggetta all'invasione di flussi piroclastici) e zona rossa 2 (con alta probabilità di crolli per accumuli di materiale piroclastico). Sono inoltre stati indicati i gemellaggi tra i 25 comuni del napoletano maggiormente a rischio con regioni e province autonome che accoglieranno, nei loro territori, la popolazione sfollata.
"Oggi il Vesuvio è tra i vulcani più monitorati al mondo insieme ai Campi Flegrei", ricorda l'esperta. "Se dovessero risvegliarsi, darebbero una serie di segnali premonitori che siamo in grado di rilevare. Ma alle loro falde vivono centinaia di migliaia di persone, quindi si incontrerebbero seri problemi logistici e burocratici nello sfollare e sistemare in tempi brevi così tanta gente. In pratica, è una questione di efficienza del Piano di Evacuazione." Ora, si aggiunge pure la minaccia del Marsili.

L'esperienza ci insegna, purtroppo, che la prevenzione nel nostro Paese è spesso trascurata. Lo sappiamo, a volte basta un nubifragio- un evento che di certo non si può definire nè eccezionale, nè imprevedibile- a provocare tragedie immani, per perdite umane e danni economici. Immaginiamo cosa potrebbe causare un maremoto...  Perchè si  preferisca affrontare gli effetti devastanti dei cataclismi naturali,  piuttosto che stanziare fondi per prevenirli, è un vero mistero.

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