La Manovra penalizza fisco e pensioni ma salva il Reddito di Cittadinanza

Continuano le polemiche attorno al Reddito di cittadinanza. Il governo Draghi ha infatti inserito all'interno del Documento programmatico di bilancio, che rappresenta l'ossatura della Legge di bilancio 2022, il rifinanziamento al Reddito di cittadinanza (Rdc). Per la misura sono dunque stati messi a bilancio altri 800 milioni, pareggiando così lo stanziamento di risorse che era stato previsto nel 2021 pari a 8,6 miliardi di euro. A differenza però del passato il nuovo Rdc dovrebbe presentare criteri più severi nel caso in cui vengano rifiutati più di due offerte di lavoro. Integrazione richiesta a grande voce da diversi esponenti politici visti i risultati fallimentari del passato. E il governo ha assicurato che ci lavorerà sopra. Questo non ha però placato le polemiche.

Oggi infatti lo stesso Matteo Salvini, leader della Lega ha dichiarato come non sia «pensabile rifinanziare il Reddito di cittadinanza per nove miliardi, perché si è mostrato uno strumento quantomeno inefficace. Draghi ci ha garantito una stretta sui furbetti, maggiori controlli. Per quel che mi riguarda se uno rifiuta anche solo un posto di lavoro non deve percepire una lira». Poco gentile con il cavallo di battaglia del M5S è stato anche Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, che a margine del convegno organizzato a Napoli dagli industriali sulla coesione sociale ha spiegato di aver «sempre sostenuto che per la parte di contrasto alla povertà (lo strumento del Reddito di cittadinanza) ci vedeva favorevoli. Ma, poi guardiamo anche ai dati e purtroppo così come è disegnato oggi non ha intercettato la povertà del Nord ed è stato anche un disincentivo per cercare lavoro al Sud». Aggiungendo anche che se si pensa «di mettere un ulteriore miliardo (in relazione al fatto che si vuole ampliare la platea) senza riformarlo prima vuol dire continuare a sprecare soldi pubblici».

E dunque uno strumento che, stando alle parole del leader di Confindustria, non solo non aiuterebbe la lotta alla povertà ma si concretizzerebbe in uno vero e proprio spreco di soldi pubblici che potrebbero essere impegnati in altri comparti, come quello fiscale o delle pensioni. Come mai dunque il Governo, nonostante le evidenze, continua a insistere sul Reddito di cittadinanza a discapito di altre misure? Secondo Bonomi la risposta è molto semplice: «c'è stato un assalto alla diligenza e per l'ennesima volta vedo che la politica ragiona ognuno per la sua bandierina, chi pensa ai prepensionamenti, chi al Reddito di cittadinanza, chi ad altro, e non in un quadro complessivo volto invece alla crescita del Paese».

Il problema della poca lungimiranza ha però delle serie ripercussioni sull'interno sistema Italia. D'altra parte è tutta una questione di equilibri. Se infatti si decidono di aumentare i finanziamenti per il Reddito di cittadinanza, si dovranno togliere risorse ad altre misure, come possono essere la riforma delle pensioni o il taglio delle tasse. Sul primo il governo ha infatti puntato ha mettere delle pezze per cercare di evitare il ritorno della Fornero nel 2022. E infatti sono stati stanziati 2,5 miliardi di euro e le proposte, "Quota 102" per il 2022 e "Quota 104" per il 2023, non rappresentano nemmeno lontanamente una vera e propria revisione del sistema pensionistico italiano. Stessa sorte per la riduzione delle tasse. Il budget è di solo otto miliardi di euro. Talmente poco, che per Confindustria questa somma dovrebbe essere impiegata solo per abbattere il cuneo fiscale sul lavoro. Peccato che nel pacchetto fisco ci sia compreso anche una mini revisione Irpef per eliminare il brusco salto di aliquote che esiste tra il secondo e il terzo scaglione, e altre misure che guardano più al mondo imprese. Con i fondi a disposizione, si capisce bene, che non solo non si potrà dar vita ad una rivoluzione fiscale ma neanche ad una vera e propria revisione del cuneo sul lavoro.Insomma, anche quest'anno la Legge di bilancio si concretizza in un gioco di equilibri politici dove le esigenze del Paese finiscono, come al solito, in secondo piano.

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