Ma quanto diavolo ci sono costati i braccialetti elettronici?

È quasi la pietra tombale sui mitici (e inefficaci, e inutilizzati) «braccialetti elettronici», che dal lontano 2001 dovrebbero servire al controllo dei detenuti ai domiciliari. A farla cadere, con tutta la pesantezza possibile, è oggi la Corte dei conti. «La nostra indagine» scrivono i magistrati contabili in una delibera del 13 settembre 2012 «ha considerato i costi della fornitura e dell’utilizzo dei braccialetti elettronici, rilevando la sproporzione tra l’onere contrattuale  d’importo superiore a 10 milioni annui, e lo scarso impiego di tali strumenti (finora una quindicina), esprimendo perciò un giudizio nettamente negativo dal punto di vista della non economicità ed inefficacia di una simile spesa».

Denunciati più volte da Panorama per l’evidente spreco di denaro pubblico (oltre 80 milioni di euro in una decina d’anni), i mai utilizzati braccialetti elettronici secondo la Corte dei conti sono stati oggetto di una serie di accordi tra ministero dell’Interno e la Telecom Italia. L’ultimo risale alla fine del 2011, sempre tra la Telecom e l’attuale ministro Anna Maria Cancellieri, a un costo annuale di 9 milioni di euro. Ecco che cosa ne dice ora la Corte dei conti: «L’ultimo rinnovo della convenzione con la Telecom, per una durata settennale dal 2012 fino al 2018, ha reiterato una spesa antieconomica ed inefficace, che avrebbe dovuto essere almeno oggetto, prima della nuova stipula, di un approfondito esame anche da parte del ministero della Giustizia».

I magistrati contabili hanno pertanto stabilito che la convenzione con la Telecom sia da considerare «inefficace» a partire dal 31 dicembre prossimo; hanno quindi annullato l’affidamento della convenzione alla società e stabilito che il governo debba procedere a una regolare gara.

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