L'uomo che ha messo la Gioconda sottovetro

Chi protegge i gioielli della corona a Londra? Un’italiana. E la Gioconda a Parigi? La stessa italiana. Si tratta della tecnologia sviluppata dalla Goppion Spa, società  di Trezzano sul Naviglio che produce le vetrine e le teche che custodiscono i capolavori dei musei nel mondo. E questo grazie alla lungimiranza di un uomo appassionato di storia e incuriosito dai principi della conservazione preventiva che si stavano affermando trent’anni fa.

“Mio padre fondò l’azienda nel 1952, ma era più interessato all’esposizione e and design tout court” racconta Alessandro Goppion, amministratore unico della società (foto). “Io invece guardavo ai musei, che adoravo. E progressivamente ho specializzato l’azienda arrivando dove sono oggi”. L’oggi sono 20 milioni di fatturato (interamente investiti in azienda) e una importante commessa in Medio Oriente nel distretto di al-Ṭurayf, area antica Patrimonio Unesco a nord di Riad, fondata nel XV secolo e considerata il nucleo originario dell’Arabia Saudita.

“Abbiamo un archivio “tecnologico” di oltre sessant’anni che ci permette di soddisfare un’ampia casistica e da qui partiamo innestando di volta in volta le innovazioni richieste da un mercato sempre più esigente” continua Goppion. E non si tratta certo di banalità. “Le teche museali devono essere il meno invasive possibile, per non infastidire la relazione tra il visitatore e l’opera, ma allo stesso tempo devono soddisfare particolari requisiti tecnici. Prendiamo ad esempio la Gioconda: abbiamo utilizzato vetri antiriflesso spagnoli di massima prestazione, capaci di resistere anche a colpi di arma da fuoco, studiato i materiali innovativi dei bordi ed effettuato ricerche di ingegneria chimica e climatica, non soltanto perché all’interno l’umidità restasse costante ma anche per essere sicuri che i nuovi materiali non emanassero naturalmente dei gas nocivi per il dipinto”.

Goppion conta 50 dipendenti diretti, 50 artigiani, 200 collaboratori e naturalmente rapporti consolidati con Cnr, università di Torino e Politecnico di Milano. “Abbiamo iniziato con la commessa per il museo del Bargello a Firenze, ma la svolta è arrivata con i Gioielli della Corona inglese, un progetto pionieristico nel campo della conservazione preventiva” continua Goppion. Da qui si è aperto il mondo e oggi l’azienda ha in curriculum la protezione della Venere di Milo, le vetrine ad apertura cinetica della Waddesdon Gallery del British Museum e la teca della Pietà Rondanini a Milano, realizzata con criteri antisismici per proteggerla persino dalle vibrazioni della metropolitana. Dulcis in fundo, il museo dedicato alla storia afroamericana all’interno dello Smithsonian di Washington.

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