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È morto Shimon Peres, uomo di pace in un Paese in guerra

Olycom
Oslo, 1994. Arafat, Rabin e Peres con il Nobel per la Pace.
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Peres e Rabin nel novembre 1974.
GALI TIBBON/AFP/Getty Images
25 ottobre 2015. L'ex Presidente israeliano Shimon Peres interviene durante una cerimonia di commemorazione del primo ministro Yitzhak Rabin, a 20 anni dall'assassinio del Premio Nobel per la Pace.
Alfio Marchini con Simon Peres, amico di vecchia data

EPA/AMIR COHEN

26 maggio 2014. Papa Francesco e il presidente israeliano Shimon Peres piantano un ulivo, simbolo della pace, nel giardino del Palazzo presidenziale di Gerusalemme. Il Papa ha detto al presidente: "Con la mia immaginazione e fantasia vorrei inventare una nuova Beatitudine, che applico oggi a me stesso in questo momento: beato colui che entra nella casa di un uomo saggio e buono. E io mi sento beato". 


Papa Francesco in Terra Santa


L'agenda del viaggio di Papa Francesco in Terra Santa


ANSA /EPA /Kobi Gideon

Il presidente israeliano Shimon Peres e i Rabbini Capo di Israele durante il brindisi di giuramento dei Rabbini. Gerusalemme, Israele, 14 agosto 2013


GALI TIBBON/AFP/Getty Images

4 maggio 2014. Il Presidente di Israele, Shimon Peres e il Capo delle Forme armate, il generale Benny Gantz (secondo da sinistra) durante la cerimonia presso il Muro del pianto a Gerusalemme.


ANSA /EPA /Oliver Weiken

Il Papa con Peres. Gerusalemme, 26 maggio 2014


Shimon Peres è morto. L'ex presidente israeliano e Nobel per la pace nel 1994 aveva 93 anni.

Il suo medico personale, Rafi Waden, ha riferito che l'ex capo di Stato si è "spento nel sonno" intorno alle 2 del mattino.

Peres era ricoverato dal 13 settembre al Tel Hashomer Medical Center, alle porte di Tel Aviv, in seguito a un ictus.
Le sue condizioni erano peggiorate ieri.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e sua moglie hanno espresso "un profondo, personale cordoglio" per la morte di Shimon Peres, "un diletto della nazione".

La biografia di Shimon Peres è un pezzo di biografia della Nazione ebraica.

Nella sua lunga carriera politica e militare è stato capo della marina israeliana durante la guerra di indipendenza, capo del partito laburista israeliano, vice premier, primo ministro d’Israele nel biennio 1984-1988 e poi dal novembre 1995 al giugno 1996, ministro degli Esteri dal 1986 al 1988, nonché presidente d’Israele dal 2007 al 2014.

Eletto premio Nobel per la Pace insieme a Yitzhak Rabin e Yasser Arafat per il loro impegno a favore del processo di pace israelo-palestinese, culminato con gli Accordi di Oslo dell’agosto 1993, Peres è stato ed è considerato un uomo aperto al dialogo con i palestinesi, diffidente verso  quei rigurgiti xenofobi che hanno attraversato spesso lo Stato di Israele dopo il fallimento dei negoziati con la leadership dell'Anp.

Appartiene, come Ariel Sharon, alla generazione dei fondatori di origine aschenazita.

Quella lunga scia di politici, soldati e dirigenti storici dello Stato d'Israele che hanno visto nascere (nel ferro e nel fuoco) la Nazione ebraica, che hanno combattuto in prima linea contro gli eserciti arabi nel 1948 e nella guerra dei sei giorni, che hanno creduto, dopo lo scoppio della prima Intifada, che fosse giunto il momento di voltare pagina, rigettando qualsiasi deriva confessionale e impegnandosi sempre a favore del dialogo con la controparte palestinese.

Un impegno reso possibile anche attraverso la sua Fondazione, il Centro Peres per la Pace, da lui stesso fondata nel 1996 a Jaffa allo scopo  di «far costruire un’infrastruttura di pace e riconciliazione dalle e per le persone del Medio Oriente».

Una delle sue frasi più celebri ne restituisce l'immagine di quello che Peres ha rappresentato per Israele: un uomo d'armi, e di sconfinata cultura, che aveva compreso la necessità della pace e dell'abbattimento dell barriere.

«Quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello poniamo fine a ogni conflitto. Ecco, questo è il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno».

Ma la sua massima più celebre, quella che ripeté spesso fino a essere fiaccato nello spirito e nel corpo, è sempre stata un'altra: «La vita dei pessimisti e degli ottimisti finisce allo stesso modo. Almeno noi ottimisti ci saremo goduti il viaggio».

Una storica stretta di mano tra Arafat e Shimon Peres Ansa

Negli ultimi anni, dopo la fine delle illusioni di pace, e l'emergere anche in Israele di una nuova classe dirigente (spesso di origine sefardita o esteuropea) più xenofoba e meno legata al culto della memoria della Shoah,  le sue parole di comprensione e di pace sono diventate - agli occhi di una parte dell'opinione pubblica - sempre più flebili, quasi irrilevanti nel dibattito pubblico israeliano.

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